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sabato 10 giugno 2023
 

L'Italia da Nassiriya all'Isis

Soldati italiani in Iraq nel 2003 (Ansa).
Soldati italiani in Iraq nel 2003 (Ansa).

Il sottoscritto, nel 2003, ha avuto l'occasione di trascorrere diverse giornate nella base italiana di Nassiriya. E la fortuna di lasciarla proprio poco prima che un attentato degli islamisti si portasse via le vite di 19 italiani, tra militari e civili.

Per questo, e per altre ragioni ancora, non posso prendere come una notizia "normale" la decisione del Governo di inviare in Iraq 280 tra istruttori e consiglieri militari per aiutare i curdi nella resistenza contro l'Isis. Certo, non si trattarà di andare immediatamente a combattere. Ma dopo molti anni rimettiamo piede in Medio Oriente per una missione bellica, all'interno di una coalizione che si è impegnata a fare la guerra.

Non possiamo lasciare che i traumi del passato condizionino troppo il futuro. Tanto più che l'Italia, come ogni altro Paese, è condizionato (ma anche rafforzato) da una serie di alleanze che impongono precisi doveri. Non è un mistero che i Paesi-guida della coalizione anti-Isis avessero cominciato a borbottare e a richiederci un impegno più fattivo e concreto. Mandare verso il fronte armi e munizioni è una cosa, mandarci degli uomini ben altra.

La decisione, inoltre, riaprirà di lunga data, già cominciato in politica e destinato ad allargarsi all'opinione pubblica, tra chi si sente legato al famoso articolo 11 della Costituzione ("L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali...) e chi richiama il dovere di opporsi al dilagare dell'estremismo islamico e delle sue milizie.

E' un dibattito non solo nostro. Anche i Paesi più armati e potenti stanno facendo di tutto per non veder tornare i propri ragazzi nelle bare avvolte dalla bandiera. Anche Usa, Gran Bretagna e Francia per ora si limitano alle incursioni dal cielo, che magari sono meno efficaci ma garantiscono perdite nulle.

Una sola cosa per ora è sicura: se la lotta contro l'Isis è anche la nostra lotta, come molti ogni giorno ripetono, per il momento la stiamo facendo combattere a iracheni, curdi e siriani.


Questi e altri temi di esteri anche su fulvioscaglione.com

17 ottobre 2014

 
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