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sabato 14 dicembre 2024
 
Libri, il buono e il cattivo Aggiornamenti rss Paolo Perazzolo
Responsabile del desk Cultura e spettacoli

La Babette di Paolo Giordano

Un tempo l’avventura di una coppia si snodava all’interno di una grande famiglia, alla presenza di genitori, zii, nonni. Era la famiglia patriarcale, la famiglia allargata, secondo modalità tradizionali, però, non quelle contemporanee.

Oggi è raro che sia così: la coppia esce dalle famiglie originarie, si stabilisce in una nuova casa, inizia un percorso autonomo. È idea condivisa che sia preferibile la seconda situazione, e tuttavia non va dimenticato che anche la prima aveva i suoi vantaggi. Il fatto è, scrive Paolo Giordano in Il nero e l’argento (Einaudi), che «a lungo andare ogni amore ha bisogno di qualcuno che lo veda e riconosca, che lo avvalori, altrimenti rischia di essere scambiato per un malinteso». Dalla coppia stessa.

È quello che sperimentano Giovanni e Nora, i giovani protagonisti, già genitori di un bambino. Da poco hanno cominciato il loro viaggio come coppia e come famiglia. Non da soli, con l’aiuto della signora A., una tata chiamata per dare una mano nelle faccende quotidiane, come accade in tante giovani famiglie. Con il dipanarsi della storia, diventa però evidente che la signora A. assolve un compito non solo pratico, bensì anche psicologico, nell’accezione più ampia.

La coppia se ne rende conto nell’istante in cui la presenza della loro Babette viene meno, a causa di una grave malattia. Gettati nel mare aperto della vita, Giovanni e Nora si sentono sperduti, soli, di colpo orfani di quello sguardo che li proteggeva, in quanto coppia e in quanto famiglia. E dovranno navigare con le loro forze, imparare a mescolare il nero dell’uno e l’argento dell’altra...

Racconto lungo, più che vero romanzo, reso in uno stile asciutto e cristallino - scientifico, verrebbe da dire, pensando alla formazione dell'autore, che è un fisico - , Il nero e l’argento
accarezza con sensibilità e delicatezza, quasi con pudore, molti temi. L’impressione è di un testo di passaggio, non perché appaia incompiuto o irrisolto, poiché, al contrario, è un testo a suo modo "perfetto"; bensì per la ragione che - ne sono convinto - l’autore tornerà a misurarsi con essi in un prossimo romanzo.


14 luglio 2014

 
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