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sabato 12 ottobre 2024
 

La generazione dei "muti" digitali

Osservate con attenzione questa foto: siamo sulla metropolitana di Milano, linea rossa, 8.30 del mattino. Una classe di studenti sugli 11-12 anni, quindi prima o seconda media, è in viaggio da Rho-Fiera verso la stazione Duomo. I ragazzi sono a piccoli gruppi, molto vicini tra loro, praticamente uno di fianco all'altro, uno in faccia all'altro, seduti e in piedi. Bene: per tutto il percorso sino al piazza Duomo, circa 20 minuti, non hanno mai, ripeto MAI, detto una parola, non uno che abbia PARLATO al compagno di classe che aveva incollato al naso. Venti minuti: sempre a testa bassa sugli smartphone o con le cuffie nelle orecchie.

In sequenza (il cronista di Famiglia Cristiana era praticamente incollato a loro), ecco gli unici segni di "vita" scambiati tra i ragazzi o rivelati in perfetta solitudine:

1) una battaglia navale altamente tecnologica e iper-realista, tipo Battleship
2) l'ultimo gioco che impazza sulla Rete, "2048", un rebus matematico (troppa grazia)
3) Facebook a manetta (nessuno su Twitter, è troppo raffinato per quell'età)
4) Whatsapp a manetta
5) Justin Bieber a palla nelle orecchie
6) scambio di file via Bluetooth, con la musica al massimo volume, e un paio di sorrisi (neppure una parola) per commentare l'avvenuto trasferimento
7) due ragazzine, evidentemente molto amiche, legate tra loro dalla stessa cuffia, ed entrambe ad accompagnare un pezzo di hip-hop con il corpo, guardandosi negli occhi. Non c'è nulla di male, evviva l'hip-hop: ma non si sono mai scambiate una parola.

L'unico che legge un libro (cartaceo) è un giovane sui trent'anni, in primo piano, che dovrebbe invece essere, secondo gli esperti di marketing, il "cliente-tipo" di social network, di telefonini di ultima generazione e di e-book.

Dimenticavo: nessuno dei ragazzi aveva in mano un cellulare tradizionale: solo smartphone, rigorosamente touch- screen. Abbiamo notato due iPhone, due Samsung Galaxy s IV, un Nokia Lumia. Siamo, in media, sui 600-700 euro di costo per apparecchio.

Qualche domanda: che adulti saranno questi? Uomini iper-tecnologici ma "muti" e senza scambi di relazioni "umane" che non siano attraverso lo schermo dei futuri Google Glass?
È giusto cosi? È la tecnologia che procede inesorabile e non si può fermare? Oppure qualcuno dovrebbe insegnare a questi ragazzi un uso meno alienante dei nuovi "device"? E chi: i genitori? La scuola? L'oratorio?

Conosco l'obiezione: "Ai nostri tempi non c'erano, sennò li avremmo voluti anche noi"...


31 marzo 2014

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