La Juventus, da sempre, divide l’Italia, senza vie di mezzo: o si ama, o si odia. Tuttavia, piaccia o no, tutti devono trovarsi d’accordo nell’applaudire una autentica risalita delle “cascate del Niagara”, perché, appena 9 anni fa, la società era stata annientata da Calciopoli, e retrocessa in Serie B. Quando si dice Juve, si ode sempre, sullo sfondo, l’eco della parola “Fiat”. Eppure, in questo caso, vorrei ricordare che il club, agonizzante, ha ricevuto solo 2 iniezioni di capitale, da parte della proprietà: 105 e 120 milioni.
Inoltre, è decollato, paradossalmente, nel momento in cui sono stati chiusi i rubinetti, e ha dovuto autogestirsi. Nel 2011, 3 eventi fondamentali: l’avvento di Andrea Agnelli, con gli uomini-mercato Marotta e Paratici, l’avvento di Conte, e l’avvento del Juventus Stadium. Da quel momento, 4 scudetti consecutivi, e una finale di Champions League imminente.
Non solo: il fatturato è passato da 150 a oltre 300 milioni, mentre altrove si dilapidava e si precipitava. Insomma: un eccellente esempio di “made in Italy”, nel periodo economicamente più difficile del calcio tricolore