Apprendiamo che il numero 1 del tennis mondiale, Novak Djokovic, piuttosto che sottostare a un eventuale obbligo, sarebbe disposto a rinunciare al Roland Garros, a Wimbledon e pure al tennis. Che dire? Liberissimo. Da sportivo sa che le regole una volta stabilite devono valere per tutti, che nemmeno lo status di numero uno al mondo dà deroghe su cui contare, che il “lei non sa chi sono io” non vale.
Dovrebbe del resto averlo già imparato dalla vicenda dell’open d’Australia dal quale è dovuto rientrare a casa, espulso dal Governo federale australiano perché la sua esenzione medica, dopo corsi e ricorsi, non è risultata compatibile con le regole anti covid dettate per l’ingresso nel Paese, per ragioni di ordine pubblico.
È vero che anche lo sport non manca di contraddizioni, ma è assodato che anche Novak Djokovic andrà a Wimbledon o dove vorrà stando alle regole di tutti. Ma nessuno prenderà per il collo Djokovic per costringerlo a giocare dove non vuole, al massimo se la vedrà con la penale di qualche sponsor cui potrebbe non piacere essere rappresentato così, poco male: ha già guadagnato di che mantenere se stesso e qualche generazione.
Non è scritto da nessuna parte che debba partecipare a un torneo piuttosto che a un altro, è libero di scegliere: può andarci e stare alle regole o non accettare le regole e non iscriversi. Sperare che vengano modificate per averle secondo i propri desiderata è legittimo, ma non lo si può chiedere, nel frattempo si sta a quelle che ci sono, allo stesso modo in cui si accetta che ogni Slam scriva a modo proprio la regola con cui si si risolve il tie break nel set decisivo, se non ti sta bene la formula del chi primo arriva a 10 punti dell’Australia, puoi non giocare non pretendere un sistema di punteggio diverso, anche se sei il numero uno. Vero è che Djokovic dice di non pretendere nulla, spera solo che le regole cambino. Ma sa bene che se dovesse presentarsi a Wimbledon in abito da gara con maglietta arlecchino, sarebbe costretto a cambiarsi in bianco o verrebbe messo alla porta. Sono le regole.
Non dappertutto le regole sono toste come in Australia e dunque verosimilmente siamo al caso di scuola. Ma se Djokovic non dovesse non iscriversi di qua o di là non accadrà nulla di straordinario, semplicemente rinuncerà a un’opportunità per sé togliendo al tennis la possibilità di godere ancora del suo talento. Ma dei due, se mai così andasse, la storia insegna che sarebbe il tennis a farsene per primo una ragione. Si abituerebbe presto ai nuovi orizzonti: ritirato un campione se ne fa un altro perché così val mondo, a maggior ragione se se l’è voluta. Sarebbe un peccato, perché potrebbe ancora diventare il più vincente della storia, ma sarebbe una sua scelta. Liberissimo anche di rivederla, dato che si dice non pregiudizialmente contrario ai vaccini.