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domenica 13 ottobre 2024
 

«Senza nascite lo stato sociale va a rotoli e il Covid non ha aiutato»

Il recente rapporto annuale dell’Istat, pubblicato il 3 luglio, ha messo in rilievo una grave criticità: la significativa riduzione delle nascite che perdura da circa 30 anni ed è causata in primo luogo dal diminuito numero delle potenziali madri perché le numerose donne nate nel cosiddetto boom economico, tra i primi anni ’60 e ’70, stanno completando il loro ciclo riproduttivo. Le donne in età feconda che le stanno sostituendo sono molto meno numerose.

L’altro fattore rilevante che ha contribuito alla denatalità è la crisi economica, iniziata nel 2007 negli Stati Uniti. In Italia ha causato un significativo aumento della disoccupazione giovanile e della povertà assoluta. Come diretto effetto, molte giovani coppie hanno rinviato, e talora per sempre, il momento di avere un figlio.

Il clima di incertezza e di paura associato all’insicurezza economica e all’aumento della povertà, indotto dall’attuale pandemia da Coronavirus, potrebbe ulteriormente diminuire la natalità. Il rapporto dell’Istat prevede che, anche con il significativo contributo della dinamica migratoria, si riuscirà solo in parte ad arginare il declino demografico.

Un altro fattore non trascurabile è legato a scelte di donne inserite nel mondo del lavoro che spesso rinviano l’età della procreazione. L’età media delle donne al parto, che in Italia è oggi di 32 anni, è tra le più elevate dei Paesi europei e ben il 9% delle nascite si ha grazie a donne con più di 40 anni.

La diminuzione della natalità si è associata negli ultimi decenni a un progressivo aumento dell’età media e nel 2065 dovrebbe raggiungere più di 86 anni negli uomini e di 90 anni per le donne. Inoltre, nel 2019 ben 182mila persone, in gran parte giovani con elevata qualificazione professionale, hanno lasciato il nostro Paese per trasferirsi all’estero. Questo cambiamento demografico associato alla diminuzione della popolazione in età attiva (15-64 anni) potrebbe mettere in profonda crisi nei prossimi anni il mantenimento del sistema di protezione sociale e del sistema previdenziale.

La denatalità in Italia è un problema molto più critico di altri Paesi europei anche per la mancanza di efficaci e continuative politiche a sostegno della famiglia. Le misure per aumentare la natalità dovrebbero comprendere una serie di politiche economiche in favore delle famiglie con figli e di interventi per aiutare il compito dei genitori. Bisognerebbe agevolare le donne nel conciliare il lavoro con la famiglia, mettendo a disposizione, a bassi costi, servizi per l’infanzia. Interventi diretti all’ incremento della natalità, dei quali si parla da tempo, aiuterebbero molte coppie a realizzare il desiderio di avere più figli e potrebbero garantire il mantenimento nel nostro Paese di un’organizzazione sociale che rischia di non essere più sostenibile in un prossimo futuro se la politica non torna a pensare a una ripresa delle nascite.

PROF. MARIO DE CURTIS, ORDINARIO DI PEDIATRIA, UNIVERSITÀ DI ROMA LA SAPIENZA

Ho dovuto ridurre un po’ il testo, ma il tema posto dalla lettera è sempre più urgente. Pare che finalmente se ne stiano accorgendo anche i nostri politici. Il 21 luglio 2020, da questo punto di vista, è una data storica: la Camera, infatti, con 452 sì e un solo astenuto ha approvato all’unanimità la legge che istituisce l’assegno unico universale a sostegno dei figli a carico. Ora il provvedimento passa al Senato. Poi il Governo avrà 12 mesi di tempo per attuare la delega ricevuta dal Parlamento. Un grande merito per questo primo passo importante, oltre ai deputati di ogni schieramento che hanno votato unanimi, va in particolare all’impegno del ministro per la famiglia Elena Bonetti. Speriamo che sia un primo passo per un vero sostegno alle famiglie e per una ripresa delle nascite.


25 agosto 2020

 
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