È il sabato sera prima della riapertura delle scuole, nel clima ancora estivo, in strada ragazze e ragazzi si incontrano a grandi gruppi, anche 20-30 alla volta, si salutano, appena si vedono, a baci e abbracci spensierati. Le mascherine, se ci sono, per lo più sono pro forma: legate al polso, accartocciate sotto il mento (portate, chissà, solo per tacitare le raccomandazioni di qualche genitore).
Un gruppetto di insegnanti, mascherati e ben distanti tra pochi amici mascherati e ben distanti, osserva la scena, constatando, tra il desolato e il preoccupato, che sono ragazzi che hanno l’età giusta per essere gli alunni cui stamattina, al rientro in aula, avranno chiesto di stare distanti a scuola, di lavare le mani, di indossare le mascherine, attenti a non spostare di un millimetro i banchi, facendo appello al senso di responsabilità di tutti, provando a spiegare che solo facendo ciascuno nel suo piccolo la propria parte si potrà uscire dalla pandemia che tiene il mondo in ostaggio.
Si vede dalle facce che stanno pensando che, così facendo, avranno fatto la propria parte, che la scuola così – forse – avrà almeno le carte in regola in caso di contestazione, ma che come tutte le scommesse della scuola neanche questa si potrà vincere davvero nella sostanza (che è la parte che conta), se ci si dà da fare soltanto dentro le aule, se non c’è la collaborazione robusta e la fiducia della società intera che, fuori dalla scuola, crede nel valore dell’educazione e vi si impegna, in primis ragazzi e genitori.
Funziona sempre così, la scuola non è mai una bolla che ce la fa da sola: se attorno il mondo rema contro bene che vada tappa qualche buco. Stavolta la posta in gioco è più alta e il rischio più alto ancora, perché nessuno rischia solo per sé: dipendiamo gli uni dagli altri, tra il dentro e il fuori c’è un confine incerto. Sempre, ma ora di più.
Per questo forse, vedendo i ragazzi del sabato sera che si baciano e si abbracciano, come se l’epidemia non esistesse, loro che insegnano da tanti anni (che ci sono arrivati per scelta e che ancora ci credono nonostante tutto) si sentono un po’ don Chisciotte, ma a differenza del protagonista di Cervantes notano le incongruenze. Sanno che se, in questo burrascoso 2020, il vento che muove i mulini dell’irresponsabilità collettiva soffierà forte non saranno loro a fermarlo con le mani. Anche se ci proveranno.
Sarebbe importante però, per tutti noi, persino per chi non ha figli a scuola, che non li lasciassimo a provarci in solitudine.