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martedì 08 ottobre 2024
 

La self care society

L’esperienza della veglia all’aeroporto Cuatro Vientos per qualcuno si è rivelata alquanto traumatica. Un gruppo di scout di Catania mi racconta come, nonostante fossero arrivati nel primissimo pomeriggio e avessero i pass per un regolare accesso nell’area destinata ai pellegrini, non sia stato consentito loro di entrare. «Pazienza –dice Piero, capo scout del Catania 6- abbiamo cercato di reagire positivamente alla situazione, ma poi siamo stati quasi ingabbiati tra reti varie sistemate dalla polizia, impossibilitati a muoverci in qualsiasi modo e, pur avendo i regolari buoni per i pasti, non ci è stato consentito accedere all’area di distribuzione. Alcuni volontari hanno cercato di aiutare i giovani pellegrini facendo un buco nella recinzione e cercando di far transitare il cibo a cui avevano diritto, ma sono stati bloccati duramente quasi stessero facendo un traffico illegale». Il racconto continua con dovizia di particolari e, da quanto emerge, sembra che l’atteggiamento della Polizia sia stato eccessivamente duro. Nessuno mette in dubbio le esigenze di sicurezza ma c’è modo e modo, soprattutto quando ci si trova di fronte a persone pacifiche che cercano di contribuire spontaneamente alla buona riuscita di un grosso evento come la Gmg e con le quali non è necessario usare la forza per reprimere le richieste legittime. Dai racconti che continuo a raccogliere sulla notte di veglia mi sono fatto l’idea che ci troviamo di fonte all’incubatrice di una straordinaria “self care society”, ovvero una società in grado di auto curarsi, di tappare le falle e i disagi senza attendere interventi dall’alto. A Cuatro Vientos la situazione è risultata gestibile grazie all’intervento dei singoli che si sono presi cura dei loro vicini, da chi era medico e ha soccorso subito i malori dovuti al caldo a chi ha condiviso le sue risorse a chi ha invitato alla calma e a non reagire. L’intera Gmg è diventata il laboratorio di una società che è in grado di prendersi cura del bene comune partendo dal basso.

Sul fatto, poi, che l’ondata di giovani pellegrini abbia rivitalizzato la Madrid desolata di ferragosto, non c’è dubbio. Tra allegria e maleducazione, però, c’è differenza. Cantare e urlare a squarciagola nelle stazioni della metropolitana, in treno, nelle piazze non è rispettoso di chi vive la quotidianità e il lavoro. «Abbiamo riscoperto l’uso della bandiera italiana» mi confida Carlo di Milano sventolando orgoglioso la sua.
Bene, direi, ma con la speranza che si educhi ad un sano e costante senso di appartenenza ad una nazione straordinaria, pur con tutti i suoi limiti, che vada un po’ oltre i mondiali di calcio e le Gmg.
I cori da stadio sparati a pieni polmoni con le mani che puntano verso il cielo, l’inno di Mameli urlato da un lato all’altro delle grandi vide madrilene contrastano con lo stile rispettoso di un evento che ha avuto i suoi momenti più significativi nei silenzi, più che nei suoni potenti.
Benedetto XVI ha dato un grande esempio
con il suo stare immobile di fronte alla violenta pioggia della veglia, con il suo stare in silenzio di fronte all’Eucaristia e al cammino della croce. Questo i giovani lo hanno colto subito e magari hanno intuito che, tra i tanti registri possibili in una Gmg, anche la fragilità, il silenzio e il rispetto diventano una via maestra di crescita umana e cristiana.


23 agosto 2011

 
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