Gentile direttore, nel discorso per l’inizio dell’anno giudiziario del Tribunale della Sacra Rota, il Papa ha affermato: «La famiglia è la base della società e continua ad essere la struttura più adeguata per assicurare alle persone il bene integrale necessario per il loro sviluppo permanente». Vedo in queste parole il superamento (finalmente) dell’esaltazione della verginità come stato di vita più elevato rispetto al matrimonio: è un’interpretazione corretta?
LUIGI SANTI AMANTINI
La contrapposizione tra matrimonio e verginità è stata superata da anni. Basta leggere, per esempio, il Catechismo della Chiesa cattolica al n. 1620: «Entrambi, il sacramento del Matrimonio e la verginità per il regno di Dio, provengono dal Signore stesso. È lui che dà loro senso e concede la grazia indispensabile per viverli conformemente alla sua volontà. La stima della verginità per il Regno e il senso cristiano del Matrimonio sono inseparabili e si favoriscono reciprocamente». Anche il Catechismo degli adulti (nn. 1075-1079) è sulla stessa linea e presenta matrimonio e verginità come «due modi di vivere l’alleanza, due modi di amare». Le distinzioni che, in passato, si sono fatte mi sono sempre sembrate sottigliezze teologiche. In qualsiasi condizione uno si trovi, qualsiasi scelta abbia fatto, ciò che conta è amare fino in fondo, come Gesù ci ha amati. Per usare le parole del Catechismo degli adulti, si tratta della «pratica dell’amore oblativo e disinteressato, unica via di crescita e di riuscita personale» (n. 1078).