L’amore che andrà oltre la morte
Non conta quel che vede l’uomo: infatti l’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore», dice la prima lettura di questa domenica. Il vero cambiamento di una persona gira intorno alla prospettiva da cui guarda tutto. La prima impressione è spesso anche quella finale, a meno che non si intraprenda un viaggio di crescita.
Nel Vangelo si affronta il tragico caso di un uomo nato cieco. I discepoli di Gesù provano a spiegarsi la cosa cercando un colpevole: «Chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Un’operazione frequente: sopravvivere alle cose brutte cercando qualcuno con cui prendersela. Forse lui se la merita o forse è colpa dei genitori.
Gesù risponde: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio». Ossia, c’è uno scopo in tutto questo. I discepoli cercano le cause, Gesù guarda la mèta. È un rovesciamento radicale di prospettiva. Non è più il principio causale quello che permette di “vedere”, ma quello finale.
La nostra cultura è basata sulla fisica di Newton: la mela casca per la legge di gravità... tutto qua? Quando trovo la causa di un evento, o di un virus, e magari trovo il colpevole di un misfatto, cosa trovo? Solo il meccanismo del fatto, ammesso che ne definisca mai con certezza la dinamica. Ma noi abbiamo bisogno di altro.
Per il Covid-19, sia chiaro, è importante capire le cause e – se Dio ci aiuta – trovare le soluzioni, non si dubita. Ma poi è importante capire perché ci è successo tutto questo. Qual è lo scopo. A cosa serve. Dove ci porta. E Gesù dice che c’è un’opera di Dio in corso. Quale? A quel punto mischia la sua saliva con la terra. E, dice il greco del testo, “unge”, ossia consacra, gli occhi del cieco. Lo strumento dell’unzione è l’unione tra la sua parola, di cui la sua saliva è portatri- ce, e la terra che è l’elemento di cui è fatto l’uomo. Infatti questa è un’immagine di creazione, il Padre ha fatto l’uomo così e Cristo sta portando a termine l’opera.
LA PISCINA DELL’INVIATO.
Ma per arrivare alla pienezza bisogna immergersi, con tutti i propri enigmi, nella piscina di Colui che è Inviato. Quel che non capisco della mia vita resta opaco finché non mi immergo nella vita di Cristo, che è l’inviato. Ho da aprirmi a una strana prospettiva: passare dal perché mi è accaduto qualcosa al per chi. Finché la mia storia, i miei dolori, le mie carenze, non diventano una missione, restano solo dolore.
Non so dire se c’è stato dolo sotto la storia del Covid-19. Chissà. Ma so che Dio sa servirsi anche di questo per farmi arrivare all’amore. Perché la luce vera, quella che illumina ogni uomo, è la sua missione: amare il mondo fino a dare la vita perché si salvi. Chissà se guariremo velocemente da questo virus. Ma quante occasioni per amare! Quante situazioni difficili che possono diventare accoglienza, tenerez- za, servizio! Quello che gli uomini si son trasmessi come virus, in Cristo diventa un momento di crescita e di apertura all’a- more. Alla fine il Covid-19 passerà, l’amore andrà oltre la morte.