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sabato 26 aprile 2025
 

Le banche mi stanno uccidendo

Ho appena finito di leggere “La lettera della settimana” (FC n. 48/2011). Volevo fare qualche considerazione. Ho cinquantadue anni e sono un agente di commercio. A causa della crisi economica e della cronica insolvenza delle aziende, sono sull’orlo della bancarotta. Mia figlia ha dovuto interrompere gli studi e trovarsi lavoro in un call center. Le banche mi stanno uccidendo. E non solo finanziariamente. Confesso che, più volte, ho meditato di farla finita. Non sopporto l’idea di non riuscire, col mio lavoro, a mantenere la famiglia. Negli ultimi anni, per tenere in piedi la mia attività, mi sono mangiato i risparmi di una vita. Mi resta solo la casa. Se il nuovo Governo ripristinerà l’Ici, non sarò in grado di pagarla. Per altri, con stipendi a sei zeri, anche la tassa patrimoniale non gli cambierà la vita. A me, invece, l’ennesimo balzello toglierebbe quella poca voglia di vivere che mi è rimasta.

Fabio D.

La tua situazione, caro Fabio, ti accomuna a tanti altri lavoratori in stato di crisi. O che già hanno perso l’occupazione. La disperazione è la tentazione più facile. Soprattutto quando si chiudono le porte in faccia. Sono questi i problemi che la politica, quella “alta” a servizio dei cittadini, che ha a cuore la dignità delle persone, dovrebbe tenere ben presente. In ogni provvedimento. Casi come il tuo non possono essere delegati alle associazioni di volontariato, alla Caritas o a iniziative come quella del cardinale Tettamanzi, che ha istituito un fondo “Famiglia e lavoro” per i disoccupati e le famiglie in difficoltà. Una società più solidale deve partire dagli ultimi. Dal basso. Da quelli che faticano a fare un pasto al giorno. Perché la via della disperazione non sia l’unica scelta.


30 novembre 2011

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