La Marcia per la pace Perugia-Assisi 2023 (ANSA)
Caro Padre, trovo estremamente ipocrite e modaiole le frequenti “marce per la pace”. Tutti a parole vogliono la pace, ciascuno però alle proprie condizioni e purché sia l’altro a compiere un atto di sottomissione. Succede anche nelle famiglie, nelle coppie, nei condomìni, nei luoghi di lavoro. Mi ha colpito la riflessione di un sacerdote, don Andrea Ciucci, in merito a quella che giustamente definisce “lo scempio immondo e zozzo della guerra in Ucraina”: «Due popoli cristiani si massacrano con ferocia inaudita, brandendo armi benedette da preti che mormorano le stesse parole e spruzzano la medesima acqua benedetta. Entrambi innalzano crocifissi e pregano Dio perché uno vinca e l’altro perda». Ecco perché, aggiungo io, la pace resterà solo un sogno, una pia illusione alla quale, in fin dei conti, nessuno crede davvero. E non solo in Ucraina.
Salvatore Russo
Caro Salvatore, non saranno le marce della pace a risolvere il problema della guerra, certo, ma mettersi in marcia, con fatica e con altre persone (come accade nei pellegrinaggi, del resto), ha una forte valenza simbolica e motivazionale, perché produce un movimento fisico, un cammino, una fatica. Insomma, smuove dalle poltrone da cui assistiamo, quasi come in un videogioco, al massacro della guerra magari facendo il tifo per l’una o per l’altra parte. Ma ci dovrebbe anche interrogare sulle piccole guerre che combattiamo ogni santo giorno “lancia in resta” contro i “nostri” nemici. Quanto alla benedizione delle armi, è vero, purtroppo la storia si ripete. Ma anche qui in fondo giudichiamo dalla nostra posizione di comodo. E devono venirci in mente, invece, i tanti preti martiri che durante le guerre del ’900 e quelle di questo secolo hanno offerto e offrono la loro vita nel martirio di sangue come agnelli immolati. La pace parte da lì. Ce lo ha insegnato Gesù nella sua Pasqua.