Dino Zoff, dura solo un attimo la gloria, Mondadori
«La verità è che alla fine della mia storia, io la mia Partita l’ho giocata e l’ho persa. E questa è una considerazione che mi addolora ogna volta che la faccio. Che mi gonfia il cuore di delusione. Ho sempre considerato il calcio come un insieme di valori indiscutibili: l’educazione, la crescita della persona come individuo singolo e come parte di una squadra, la lealtà, la correttezza, l’autodisciplina, la capacità di riconoscere i propri limiti e la voglia e la fatica di provare a superarli, l’affannosa ricerca dell’equilibrio tra uomo e atleta.
«Questo ho sempre pensato che fosse il senso dello sport, cui un giorno lontano, su un campo pieno di pozzanghere, in Friuli, decisi che avrei dedicato la vita. E per questo ho lavorato e vissuto, prima come uomo, poi come atleta e infine come “campione”, termine che non è sinonimo di grande giocatore o di fenomeno, come lo si usa oggi, ma un sostantivo ben preciso, che indica alcune qualità e prescrive un’infinità di obblighi, a partire da quello di dare l’esempio a chi campione non è. Una specie di condanna, se vogliamo dirla tutta.
«Credo che se lo sport fosse fatto solo per lo spettacolo, come ormai tutti pensano, non avrebbe senso mandare figli e nipoti a giocare al campetto sotto casa. Perché quell’attività non vale nulla, o comunque poco, di certo non abbastanza: lo sport migliora l’uomo, lo spettacolo si limita a divertirlo. Io la penso così mentre il mondo va in tutt’altra direzione, valorizzando l’apparenza, la chiacchiera, la forma. Lo spettacolo appunto. A scapito della sostanza. Gli insulti a Bearzot, i riconoscimenti postumi e tardivi a Scirea erano segnali chiari, che forse avrei dovuto cogliere prima in tutta la loro potenza. E invece…»
da Dino Zoff, Dura solo un attimo la gloria.
Uno dei pochi libri di sport che valga la pena di leggere, su cui chi dice di amare il calcio dovrebbe a lungo meditare. Un atto di coraggio, anche: il coraggio di andare controcorrente e dire in tutta franchezza che il re è nudo, mentre tutti attorno incensano l'imperatore in mutande.
Non so voi, ma io, al gioco della torre, tra tutto il calcio com'è e il solo Dino Zoff, mi tengo Dino Zoff e la sua idea di dignità.