Joseph Blatter vabbè ormai era squalificato a prescindere, infangato dai troppi scandali. Ma la squalifica di Michel Platini è un’altra cosa. Platini per l’immaginario era Le roi, l’aristocratico calciatore ironico e intelligente, insomma "non di solo calcio…"
Si diceva che, lasciato il campo, avesse retto l’urto del dopo: gli era rimasta la parlantina sciolta, cosa che nel pallone è merce rara, l’aveva usata per farsi tramite di battaglie nobili “Respect”, ma anche fair play finanziario al vertice dell’Europallone. Si avviava a succedere al vertice della Fifa, col vento in poppa di chi promette di cambiare rotta, anche se poi a posteriori sorge il sospetto che forse eraa bordo da troppo tempo per essere davvero vergine e non avere mai notato niente. Ma si sarebbe stati soltanto al “non poteva non sapere”, al fumus del sospetto, al “fino a prova contraria”, tutte cose che da sole non possono fondare, fino a prova contraria appunto, altro che una montagna di maldicenze, magari indovinate, ma ferme al rango di maldicenze.
La squalifica ora cambia tutto. Pari sono Blatter e Platini in questo: otto anni ciascuno per il Comitato etico della Fifa, che li condanna per corruzione per un giro di soldi che non hanno saputo giustificare: 2 milioni mica bruscolini, in cui chi ha sportivamente indagato e giudicato sul caso ha sentito puzza di stecca, di voti di scambio: miserie umane da politicanti senza quarti di nobiltà. La reazione è il solito campionario di grida ai complotti, alle sentenze politiche, agli annunci di ricorso, ma al momento Le roi è nudo, senza scettro e corona, bandito dal pallone con effetto immediato, per una squallida faccenda di quattrini, detronizzato, forse, dalla maledizione di chi non si accontenta, di chi non sa placare la fame d’essere e d’avere: è una maledizione comune tra quelli che per un momento della vita, da campioni, hanno avuto il mondo in mano. Difficile dominare l’istinto di stringerselo al petto come un pallone per provare a portarselo via per continuare a giocarci per sempre, illudendosi che si possa non scendere più.
Impossibile, si scende: gli eroi sono giovani e belli ma possono invecchiare male. Game over. Chi non si rassegna scende ugualmente, ma peggio: precipita dall’alto come un Wile e. Coyote qualsiasi in fondo al Gran canyon. E senza neanche la certezza di rialzarsi all’episodio successivo. E non è neanche detto che facciano tutti il tifo per lui contro Beep beep. Sembra difficile diventare campioni, ma è niente a confronto di quello che viene dopo, quando il campo rompe le righe. Quando c’è tutta la vita davanti, per rovinare la più bella giocata del mondo.
(Dicono che per il calcio sia la fine di un’epoca. Ma lo sarà solo se quella che verrà sarà diversa).