Fermi tutti, contrordine compagni, il Presidente del Consiglio Matteo Renzi annuncia che si torna in Consiglio dei Ministri: le cinque parole della leggina subito battezzata salva-Silvio (cancellerebbe gli effetti – incandidabilità inclusa - della condanna per frode fiscale a carico del leader di Fi), comparse nel decreto legislativo sui reati fiscali, spariranno (vedremo...).
Non sapremo mai se si sono fermati perché li hanno sgamati con la legge in bocca o se davvero gli era scappata, né un caso né l’altro rassicura. E ancor prima di scomodare per l’ennesima volta l'eco di leggi ad personam che credevamo in soffitta, in questa vicenda, che sarebbe comica se non fosse seria, occorre chiedersi come sia possibile che cinque parole entrino in un decreto legislativo senza che nessuno lo sappia, scritte la vigilia di Natale da una manina all’insaputa del corpo (preso a travestirsi da Babbo Natale?) e della mente (impegnata a pensare al menu della vigilia?). Una mano e basta, una mano di nessuno, che non si sa di chi sia, mandata avanti non si sa da chi e poi abbandonata da tutti al suo destino mentre stringe il sasso di una norma imbarazzante, figlia di nessuno.
Mai possibile che in un Paese civile il percorso di scrittura delle leggi (che poi sono le regole della nostra convivenza) possa tollerare simili anfratti d’oscurità?
Se questo è l’inizio di un anno che dovrebbe fare della trasparenza un imperativo – tra malattie compiacenti e manine semoventi – cominciamo bene.