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mercoledì 12 febbraio 2025
 
Le regole del gioco Aggiornamenti rss Elisa Chiari
Giornalista

Lettera aperta ai maturandi, dal foglio bianco di chi scrive per mestiere

Cari maturandi,

credetemi, il panico da foglio bianco lo abbiamo avuto tutti, anche noi che scriviamo, più o meno degnamente, per campare. Non è mezzo gaudio, è la prova che se ne esce. Se così non fosse, chi si cimenta a comando con la pagina bianca, più volte al giorno, quotidianamente, con i minuti sempre contati – esattamente come nel tema – sarebbe nelle mani di uno strizzacervelli in preda a un attacco di panico ininterrotto. Però non succede.

Eppure, chi può dire di non aver avuto più volte nella vita un attimo di vertigine davanti al foglio: di un tema in classe, di un esame, di un concorso, della prima pagina vuota della tesi di laurea, per non parlare di un esame di stato per il giornalismo scritto con una macchina per scrivere meccanica (riesumata dalla cantina quando già non se ne usavano più. Erano le regole!)? Se è onesto, nessuno può dirlo. Chi lo dice, bara. Fidatevi! Però se ne esce: perché la scrittura essenzialmente è una pratica sportiva. Banalmente, va allenata.

Un collega sportivo, tra i più bravi, sostiene che alla fine del Mondiale di calcio, dopo un mese di cronache ininterrotto, si scrive meglio che all’inizio. Ha ragione. Più si scrive, più diventa naturale (provare per credere) organizzare in forma scritta i propri pensieri rapidamente. E nessuna legge prescrive che ci si alleni solo scrivendo temi: anche le mail agli amici, alle fidanzate, ai fidanzati, a persone con cui non si ama fare brutte figure, sono scrittura. A patto di scriverli con la massima cura, togliendo il correttore automatico. Anche i messaggi whatsApp lo possono essere, se si ha l’accortezza di non aprire un messaggio per ogni riga, ma ci si organizza in un testo unico più lungo e se non lo si scrive con sciatteria.

Come tutte le attività sportive che si rispettino anche la scrittura ha bisogno di preparazione atletica e di rifinitura tecnica: non si tratta ovviamente di mettere su muscoli, né di “fare fiato”, ma di stivare un bagaglio di parole, leggendo e interrogando un buon vocabolario ogni volta che si incontra una parola che non si conosce. Quanto alla tecnica, occorre il senso dei propri limiti: chi stenta a tuffarsi dal bordo della piscina non passa da zero alle Olimpiadi in 10 secondi e non tenta il triplo e mezzo dalla piattaforma da 10 metri. Dunque: volare basso, con frasi brevi e sicure, se non ci si vuole schiantare di pancia. Meglio accontentarsi di una chiarezza piatta e corretta, prima di impegolarsi in un periodare complicato in cui restare impigliati.

Vi svelo un segreto, che molti di noi non rivelerebbero neppure sotto tortura, anche dopo molti anni di scrittura quotidiana il foglio bianco può tornare, ad ora incerta, minaccioso: in genere lo fa a tradimento nei momenti di grande stanchezza, il fedifrago! E lì ognuno lo inganna come può, con i propri trucchi. Uno dei miei, quando mi incarto, è immaginare di raccontare a voce a qualcuno quello che vorrei dire, una sorta di “autodettatura” silenziosa: è un modo semplice di sbloccare il meccanismo inceppato. E pazienza se la prima frase è un po’ rozza, la si migliora in un secondo momento, ma intanto si va.

Come in tutte le attività sportive, anche nella scrittura servono automatismi: per acquisirli, cioè per rendere fluido e naturale ciò che ancora non lo è – si tratti di un movimento o di un testo che corre sulla pagina –, non c’è che una strada: allenamento, quotidiano. Cioè scrivere, scrivere, scrivere, (non importa dove, non importa che cosa, ma importa massimamente l’attenzione con cui lo si fa).

Prendetela da agonisti, come una sfida. Giugno è vicino, ma non tanto da non permettere quattro mesi pieni di allenamento.

Ps. 1. Nessuno vince nulla, se parte sconfitto.

Ps. 2. Perché fosse credibile quello che vi ho raccontato, ho scritto questa lettera aperta prima a mano, sulla carta. Non facevo una cosa simile, credo, dall’ultimo esame che ha preceduto questo lavoro, quello per l’abilitazione all’insegnamento dell’italiano. Sono passati più di vent’anni, ma ha funzionato. Non c'è ragione per cui non debba funzionare anche per voi: quello che avete imparato fin qui, pur arrugginito da 2 anni di Dad a singhiozzo, esiste ancora parcheggiato da qualche parte, si tratta solo di rimetterlo in moto.


10 febbraio 2022

 
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