Alì al-Nimr, 21 anni, condannato alla decapitazione in Arabia Saudita.
... che dai nemici mi guardo io. Recuperiamo anche i proverbi, perché non v'è alcuna spiegazione razionale per la complicità che i Paesi dell'Occidente offrono alla dittatura islamica che governa l'Arabia Saudita. L'ultima del regime è la condanna a morte, per decapitazione, poi crocifissione e infine esibizione dei resti per le strade, di un ragazzo di 21 anni, Alì al-Nimr, arrestato quattro anni fa, quando di anni ne aveva 17, per aver partecipato alle manifestazioni di quell'abbozzo di Primavera araba che in Arabia Saudita fu stroncato subito con la forza.
Alì è una vittima, ma non una vittima a caso. E' nipote di Sheikh Nimr al-Nimr, 53 anni, un religioso sciita che è da sempre l'esponente di punta della contestazione al regime degli Al Saud. Nel 2012, sempre durante la Primavera, Al Nimr fu arrestato, torturato, tenuto in carcere a dispetto di un lungo sciopero della fame e infine condannato a morte con le stesse modalità: decapitazione, crocifissione e gogna. Anche Mohammad al-Nimr, fratello dello Sheikh e padre di Alì, è in carcere, colpevole di aver dato notizia della condanna del fratello con un tweet.
Se Alì sarà giustiziato, la sua sarà la decapitazione numero 90 del 2015, rispetto alle 88 del 2014. Non c'è segno, però, delle campagne internazionali di mobilitazione che hanno contraddistinto casi analoghi in Iran o negli Usa. Continua così la complicità occidentale col regime dell'Arabia Saudita che non entra mai, curiosamente, nelle liste degli "Stati canaglia", a dispetto di una serie di fatti incontestabili: è il regime di Riad ad aver finanziato coi petrodollari, in questi decenni, tutti i movimenti radicali islamici che hanno devastato il Medio Oriente e non solo, dai guerriglieri ceceni all'Isis; è il suo esercito, in questi mesi, a bombardare selvaggiamente i civili nello Yemen; sono le autorità religiose di questo Paese, che praticano il wahabismo, ovvero la forma forse più estrema di islam oggi al mondo, a incentivare un oscurantismo che non ha uguali in Medio oriente; è la giustizia di quel Paese ad aver inflitto 10 anni di carcere e mille frustate a un blogger che aveva aperto, in Rete, una discussione sui rapporti tra giustizia laica e autorità religiose.
Che altro ci serve per dichiararlo uno "Stato canaglia"? E ora che il mondo affoga nel petrolio a basso prezzo, non sarebbe ora di smettere di esserne complici?