Ma come gli è venuta, a Matteo Renzi, la trovata della lavagna? E’ farina del suo sacco, come quando ha portato un carretto dei gelati a Palazzo Chigi per rispondere a una copertina dell'Economist, o gliel’ha consigliata qualche genio del marketing politico? E’ questa la nuova frontiera della comunicazione? Spiegare a un milione di insegnanti, a 600 mila precari, a venti milioni di famiglie, la riforma della scuola come un maestrino dalla penna rossa, con tanto di lavagna e gessetti colorati?
Pubblicato sul sito del Governo e immediatamente rilanciato da tutti i siti informativi (compreso il nostro) eccolo spiegare il disegno di legge sulla “buona scuola” in “cinque punti”, confidando sulle sue doti di affabulatore. Di solito il premier affida le sue doti esplicative alle “slide” e alle proiezioni. Ma stavolta no, il suo è quasi un tuffo nel passato, trasforma lo studio di Palazzo Chigi in aula scolastica, sceglie una lavagna di legno, deamicisiana, da scuola elementare, bisognosa del cancellino e polverosa di gesso bianco, azzurro e arancione che gli avranno pure impolverato la camicia bianca. Ma nel video, ovviamente, non si vede.
Però si vede che la lavagna è un pretesto, perché Renzi è un fiume in piena, al solito, parla di “skills”, scuole professionali, curricula, educazione, cinquecento euro di aumenti all’anno per tutti, 200 milioni da spartire, ma solo per i prof meritevoli, la retorica degli insegnanti che tirano avanti nonostante tutto etc. E si vede benissimo che ha scelto il registro lavagnistico, salendo in cattedra, non tanto per parlare ai professori ma alle famiglie. I professori, dal canto loro, soprattutto quelli che sono scesi in piazza, lo avrebbero messo dietro la lavagna, non davanti. E’ questa la risposta del Governo al minacciato blocco degli scrutini? E’ questa la nuova frontiera della comunicazione? L’evoluzione del “messaggio agli italiani”, della scrivania con libreria di berlusconiana memoria?