Caro direttore, ho novant’anni e, al pari di tanti altri anziani, non sempre posso recarmi a “concelebrare” (è il termine corretto nel linguaggio ecclesiale) la Santa Messa assieme gli altri fedeli più fortunati. Per questo sono costretto a farlo da casa, ma non per questo con minore convinzione. Per far ciò mi sintonizzo su Tv2000, altre volte su Canale 5, raramente, su Rai 1.
Sui primi due canali i celebranti, ritti o chini dinanzi ai loro altari, non sono i protagonisti di ciò che si sta trasmettendo ma, assieme ai lettori, ai cori ed alle assemblee, si innestano nelle celebrazioni che attualizzano il Mistero di Cristo Risorto. Le Celebrazioni eucaristiche di Rai 1, invece, ovunque si svolgano hanno qualcosa di “blasfemo”, nel senso di quel continuo riprendere di statue, dipinti, volte, archi, amboni e nicchie seminascoste, mentre la voce del celebrante sembra raccontare “altre cose”. Queste cose distolgono, anzi violentano, quel momento di alta spiritualità in cui è coinvolto un credente costretto a stare a casa.
GIOVANNI
Caro Giovanni, in questi mesi abbiamo riscoperto il termine “sin-odo”, che richiama il senso del “camminare insieme”; dovremmo ora riscoprire anche il termine “sin-assi”, che è la “concelebrazione” nel senso da te indicato. I liturgisti spiegano questo termine come l’associarsi all’azione liturgica del celebrante principale da parte del popolo di Dio.
È una realtà liturgica – e quindi anche pastorale – che implica quella ministerialità, cioè quel servizio, che caratterizza la Chiesa, nel senso che tu richiami, di “partecipazione”. Non si “ascolta” la Messa, vi si “partecipa” attivamente, ognuno con il proprio ministero.
Detto che la comunità si costituisce nella sua pienezza intorno alla mensa eucaristica “in presenza”, occorre precisare anche che molte persone come te si trovano nella pratica impossibilità di recarsi a Messa la domenica. Per questo la radio- e la tele-trasmissione della “sinassi” eucaristica domenicale rientra pienamente nel ministero pastorale e liturgico della Chiesa. Ciò significa che essa, in spirito di servizio e attenta alla situazione sociale, deve organizzarsi anche in questo specifico ambito pastorale.
Se la Rai per prima iniziò a dedicarsi a queste trasmissioni fin dal 1954, praticamente dai suoi esordi, la Cei il 14 giugno 1973 ha emesso un documento su questo argomento (“Norme per la trasmissione televisiva della santa Messa”), che così recita al n. 13:
«La celebrazione deve essere vera ed esemplare. La verità televisiva esige che in tutti gli aspetti celebrativi si tenga presente non soltanto l’assemblea che partecipa, ma la più grande assemblea moralmente presente attraverso il video».
Le tante distrazioni offerte ai partecipanti da casa con le riprese di tanti particolari dalle chiese da cui si trasmette non aiuta a vivere la Messa con la dovuta concentrazione. Sta ovviamente, poi, a ciascuno di non lasciarsi distrarre.