Sono la mamma di un ragazzino di tredici anni,
figlio unico di una coppia che affronta, come
tutti, i problemi del vivere quotidiano. Il diciannove
ottobre prossimo nostro figlio riceverà il sacramento
della Cresima. Io non sto vivendo questo periodo
con serenità, perché non vedo mio figlio attento
ai valori cristiani, pur essendo un ragazzo
educato. Il suo pensiero è ai regali e ai soldi che riceverà
per la Cresima e a quello che potrà acquistare.
Tutto ciò, forse, è anche colpa mia. Sono credente,
ma l’educazione religiosa che gli impartisco
non è né continua né gliela trasmetto attraverso la
partecipazione alla Messa, la recita delle preghiere
e un’attenzione alle parole del Papa e del Vangelo.
D’altro canto, mio marito non vive la fede. E, soprattutto,
non vuole avere rapporti con la Chiesa.
Nostro figlio, con mio grande rammarico, segue le
idee e i consigli del padre. E così prende con leggerezza
il Sacramento. Mio marito tiene alla famiglia,
ma il suo interesse principale è mirato ai soldi,
anche se per sé stesso non desidera mai nulla.
Cosa posso fare per mio figlio?
UNA MAMMA
Nella lettera di questa mamma c’è tutto: sia la diagnosi
sia la cura. Nel denunciare il suo malessere personale
e di famiglia, ci fa capire quali sono le cause e quali
i rimedi. Un sacramento vissuto solo in funzione dei
regali è il fallimento di una catechesi, che non ha altro
obiettivo che la celebrazione, e non una formazione
cristiana duratura. E chiama in causa anche i catechisti,
di cui non si fa cenno nella lettera. I valori più che
annunciati vanno testimoniati con la vita. Altrimenti,
il giorno dopo la Cresima, quel ragazzo – come il padre
– non vorrà più saperne della Chiesa.