Venticinque anni fa, in occasione della festa dell’Assunta dell’Anno Mariano 1988, il beato Giovanni Paolo II emanava la lettera apostolica Mulieris Dignitatem sul “Ruolo e la dignità della donna”. Un documento lungimirante che, sulla scia del Concilio Vaticano II, voleva far emergere in modo particolare il ruolo della donna nei vari ambiti della vita sociale e familiare, ma soprattutto nell’ambito della vita stessa della Chiesa.
Il documento metteva in particolare risalto la dignità della donna e la sua vocazione, da tempo oggetto costante di riflessione antropologica, umana e cristiana in un periodo di grande trasformazione sociale. La Lettera apostolica voleva rilanciare il messaggio finale del Concilio Vaticano II che, posando lo sguardo sulla presenza e l’impegno femminile nella Chiesa, affermava che «è giunta l’ora in cui la vocazione della donna si svolge con pienezza, l'ora in cui la donna acquista nella società un'influenza, un irradiamento, un potere finora mai raggiunto». E aggiungeva che «in un momento in cui l'umanità conosce una così profonda trasformazione, le donne possono operare per aiutare l'umanità a non decadere». Queste affermazioni e questi auspici sono ancora oggi di grande attualità e rappresentano una forte provocazione soprattutto per noi donne, affinché si continui a chiedere il riconoscimento dei nostri diritti, della nostra dignità e della condivisione dei ruoli nella società e nella Chiesa. Dobbiamo saper proporre presenze e servizi non più di subordinazione, ma di uguaglianza e di pari responsabilità.
Anche i Padri presenti al Sinodo dei vescovi dell’ottobre 1987, dedicato alla vocazione e alla missione dei laici nella Chiesa e nel mondo, si sono occupati della dignità e della vocazione della donna. Tuttavia, nonostante documenti e dichiarazioni, la presenza e il ruolo femminili, particolarmente nella Chiesa e nei suoi ambiti di responsabilità, sembrano destinati a fare ancora un lungo cammino per ottenere i frutti auspicati dallo stesso Concilio.
Purtroppo, nella Chiesa, la donna è riconosciuta ed elogiata quasi
esclusivamente per il suo servizio sociale e di carità, specialmente nei
confronti delle persone più svantaggiate, ma raramente è vista come
promotrice di cambiamento culturale e si scontra con una mentalità
alquanto maschilista e autoritaria, che non lascia spazio per ruoli
direttivi e di stretta collaborazione. Qualche segno di attenzione lo si
è notato nella scelta e nella presenza di alcune donne come
osservatrici negli ultimi Sinodi dei vescovi, sempre però con ruoli di
seconda fila e mai di apporto concreto e fattivo non solo in quei
particolari contesti, ma anche nelle varie istituzioni della Chiesa,
ancora troppo gerarchica e maschilista. Del resto, certi cambiamenti
colturali e di mentalità non sono facili in una società, in cui sembra
che la donna venga giudicata ed apprezzata innanzitutto per la sua
bellezza ed esteriorità e non per i valori veri e profondi che porta e
sviluppa in sé e che potrebbero utilmente essere valorizzati per la
costruzione di una società e di una Chiesa più equilibrata e plurale.
La
donna deve essere consapevole che ha un grande contributo da offrire
con le sue intuizioni, la sua capacità di dialogo, di proposta e di
mediazione. A questo proposito, Papa Francesco, durante la preghiera
dell’Angelus a Castelgandolfo in cui ricordava il 25.mo anniversario
della Mulieris dignitatem, ha ricordato che si tratta di un documento
«ricco di spunti che meritano di essere ripresi e sviluppati». Alla base
di tutto, ha aggiunto «c’è la figura di Maria. Facciamo nostra la
preghiera posta alla fine di questa Lettera Apostolica (cfr n. 31):
affinché, meditando il mistero biblico della donna, condensato in Maria,
tutte le donne vi trovino se stesse e la pienezza della loro vocazione,
“e in tutta la Chiesa si approfondisca e si capisca di più il tanto
grande e importante ruolo della donna!”».
Siamo quindi assai fiduciosi
che anche nella Chiesa avverrà un vero cambiamento di mentalità. Ci
conforta in questo il fatto che alcune donne sono già state inserite in
alcuni dicasteri Vaticani, come la professoressa statunitense May Ann
Glendon, nominata tra i cinque componenti della nuova Pontificia
commissione referente sullo Ior. Certamente un grande segnale di
cambiamento ormai in atto. Così come Papa Francesco continua a ripetere
di non lasciarsi “rubare la speranza”, anche noi donne dovremmo
ricordare di “non lasciarci mai rubare la dignità”. Non scendiamo a
compromessi meschini per ottenere guadagni facili o successo, bensì
collaboriamo a creare una cultura che proponga valori umani veri e
credibili. Solo così potremo così diventare una presenza propositiva e
concreta nella società, nella famiglia e nella Chiesa.