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Rito romano Aggiornamenti rss don Gianni Carozza

Natale del Signore - 25 dicembre 2014

Si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia.
(Luca 2,1-14)


BETLEMME, LUCE CHE RINNOVA IL CAMMINO
Anche le più grandi ricorrenze, con il tempo, perdono smalto e colore; si finisce per dimenticarne il significato profondo e, soprattutto, per non provare più calore nel celebrarle. A Natale, però, più che celebrare l’anniversario di qualcosa accaduto in un lontano passato, viviamo la realizzazione di una promessa: «E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi», come afferma l’apostolo Giovanni in una pagina che racchiude la profondità di tutto il suo Vangelo. Tutto quello che Dio ha detto, tutto  quello per cui si è impegnato attraverso la testimonianza dei profeti (cfr. Eb 1, 1) oggi lo incontriamo nel Bambino nato a Betlemme.
Celebrare degnamente il Natale – e sono certo che questo desiderio lo portiamo tutti in cuore – vuol dire fissare il suo volto tenero e indifeso, fino a farsi toccare il cuore da un evento che ha poco a che fare con sentimentalismi a buon mercato o buonismo di maniera. Il presepe – che, significativamente, abbiamo allestito anche nelle nostre case – converge sulla grotta: porta a questo Bambino, che è l’atto di fiducia immenso di Dio nei confronti dell’umanità, con il quale ci affida suo Figlio. L’evangelista sottolinea come davanti a Lui si giochi il mistero della libertà: «Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio» (Gv 1, 11-12). La storia di salvezza inizia  proprio da questa accoglienza, che richiede di essere accudita e fatta crescere.

I PICCOLI E I POVERI.
Il Vangelo ce ne indica le modalità, quando ci ricorda coloro con i quali Gesù si è identificato: i piccoli, gli ultimi, i poveri. Quel Bambino viene messo tra le nostre braccia ogni volta che incontriamo qualcuno bisognoso di attenzione, di cura e di compassione. Quel Bambino viene messo nelle nostre braccia ogni volta che incontriamo un giovane che – per i motivi più diversi – ha smarrito la sua identità, la sua voglia di vivere e di sperare. Quel Bambino viene messo nelle nostre braccia ogni volta che incontriamo una persona in cerca di una vita più dignitosa. Quel Bambino viene messo nelle nostre braccia ogni volta che vediamo i diritti dei più deboli calpestati dall’arroganza dei potenti. Il Natale, a chi lo celebra seriamente, propone un modo nuovo di stare nel mondo, di attraversarne le strade, di rapportarsi con gli altri; un nuovo modo di essere, che nasce dall’aver sperimentato che «in lui era la vita e la vita era la luce degli uomini» (Gv 1,4). Se così, i nostri auguri hanno il contenuto delle parole di papa Francesco: «Nell’accendere la luce dell’albero di Natale, noi vogliamo che la luce di Cristo sia in noi. Che ci sia la luce nell’anima, nel cuore; che ci sia il perdono agli altri; che non ci siano inimicizie, tenebre… Che ci sia la luce di Gesù perché sia Natale».


23 dicembre 2014

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