Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
martedì 13 maggio 2025
 

Netanyahu dal Papa, il viaggio in Terra Santa è più vicino

Incontrando oggi il premier israeliano Benjamin "Bibi" Netanyahu, papa Francesco ha chiuso il cerchio di un primo, virtuale "giro" del Medio Oriente, cominciato il 30 aprile con il colloquio con Shimon Peres (presidente di Israele) il 30 aprile e proseguito con il leader palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) il 17 ottobre e con l'incontro con i partecipanti alla Plenaria della Congregazione per le Chiese Orientali, il 21 novembre.

Da queste tappe del Pontefice, sono uscite una notizia e una presa di posizione. La notizia è quella di cui già si parlava ma che da oggi è in qualche modo ufficiale: il Vaticano sta organizzando il viaggio del Papa in Terra Santa. Lo conferma il fatto che Netanyahu, seppure tramite le parole della moglie Sarah, abbia tenuto a confermare pubblicamente l'invito di Israele al Papa. L'orizzonte del viaggio è la prossima primavera e non è difficile immaginare che si trattaerà di un evento memorabile.

Memorabile per la Chiesa e per Israele di sicuro. Ma per il Medio Oriente? Per quel che si sa della passione del Papa per la Terra Santa e dei suoi intensi e fattivi rapporti con gli ebrei, la sensazione è che un eventuale viaggio sarà per la regione ancora più importante che per gli Stati specificatamente toccati. E qui subentra  la presa di posizione. Quando il Papa dice (incontro con i rappresentanti delle Chiese orientali) "non ci possiamo rassegnare a un Medio Oriente senza i cristiani", non esprime una speranza ma forse un programma. E infatti aggiunge: "Grande preoccupazione destano le condizioni di vita dei cristiani, che in molte parti del Medio Oriente subiscono in maniera particolarmente pesante le conseguenze delle tensioni e dei conflitti in atto. La Siria, l’Iraq, l’Egitto, e altre aree della Terra Santa, talora grondano lacrime. Il Vescovo di Roma non si darà pace finché vi saranno uomini e donne, di qualsiasi religione, colpiti nella loro dignità, privati del necessario alla sopravvivenza, derubati del futuro, costretti alla condizione di profughi e rifugiati".

Riecheggia, in queste parole, lo slancio con cui papa Francesco si oppose a un'escalation della guerra in Siria per favorire, invece, quel negoziato che portò alla rinuncia alle armi chimiche da parte del regime. Risuona l'energia di un Papa che vuole, e anzi riesce, a tenere strettamente collegati il piano spirituale con quello della vita concreta di tutte le persone. Esattamente ciò che fin troppo spesso manca in Medio Oriente. E che, proprio laggiù, può diventare rivoluzionario.

Questi e altri temi di esteri anche su fulvioscaglione.com

02 dicembre 2013

 
Pubblicità
Edicola San Paolo