Essere credenti oppure no, non importa: in questo momento storico di grosse incertezze, delusioni, sfiducia e paura inconsolabili il Papa risponde guidandoci verso la fede. Restituendo, cioè, alla religione il significato nel quale, da molto tempo, la società non si riconosceva più: sentirsi uniti, vicini, avere un punto di riferimento che dia stabilità spirituale e aiuti a sperare. Un bisogno che in questi tempi si è accentuato, essendo venute meno le certezze intorno a noi ed essendo cresciuta l’enorme diffidenza nella politica e in chi la rappresenta. La figura di papa Francesco ha sempre fatto la differenza con la sua semplicità, il suo essere diretto, istintivo, a volte anticonformista e oltre le regole canoniche dettate dalla Chiesa. E questo cammino lo ha portato avanti con determinazione e tanta dolcezza, doti che, messe insieme, possono diventare un motore potentissimo.
E così è stato. E la guerra ha aperto ancora di più le porte alla cristianità: l’uomo di qualche giorno fa, realizzato e sicuro di sé, ha perso sempre più quota cercando appigli che, invece, crollavano uno dopo l’altro. La guerra terrorizza, sempre, soprattutto se a due passi da casa. E, se non si ferma, se le sirene non si spengono e se il fiume di gente in fuga diventa quotidianità, quella guerra si trasforma in incessante angoscia.
Il Papa è stata l’unica figura che ha risposto con coerenza, umiltà, risolutezza, concretezza e parole umane in favore della pace come necessità e priorità assoluta. In ogni occasione si è fatto portavoce di tutti, senza distinzioni politiche o religiose: è diventato il padre pronto a difendere in prima persona il bene del mondo intero, invocando Dio per la fine di questo assurdo massacro e per la resa definitiva di ogni ingiustizia. Sfondando la resistenza anche dei più scettici, dei sedicenti atei che si son ritrovati increduli e commossi dinanzi alle sue parole.
Noi umani siamo meno incrollabili di quanto crediamo, siamo più fragili di quanto ammettiamo a noi stessi. E, nella follia indefinibile e indefinita di un conflitto demenziale come quello in corso, abbiamo e sentiamo forte il bisogno di spegnere ogni scintilla che porti altro terrore. Ma se i capi di stato sono rivolti all’interesse delle proprie politiche e non al bene delle proprie comunità, le voci dalle piazze, dalle strade, dalle bandiere arcobaleno sentono propria l’eco di quell’unica voce che dalla finestra in piazza San Pietro diventa corale, tra emozioni ed applausi. E, pian piano, sbaraglia ogni dubbio diventando l’unico esempio da seguire, a cui guardare per sentirsi “protetti” e non più allo sbando, in un percorso in cui scoprirsi, finalmente, meno soli.
E in cui riconoscersi, senza timore di giudizio, rispettati anche solo come uomini spaventati che non sono, veramente, convinti di avere un Dio ma hanno deciso di crederci, o almeno provarci, per riabbracciare quel respiro che non riconosciamo più in nessun sogno. TITTI DE SIMEIS