Gentile Direttore, sono abbonata a Famiglia Cristiana da ormai molti anni e leggo sempre con interesse gli articoli che vengono proposti. Mi ha colpito, nel n. 33, il commento di don Mazzi che chiarisce ai giovani che «il voto è lo strumento per provare a cambiare il mondo». Condividendo in pieno le motivazioni riportate, desidererei aggiungere una mia riflessione su gli adulti che negli anni si sono sempre più disaffezionati al voto e incoraggiarli a cambiare il loro atteggiamento, soprattutto in un momento così critico e importante per il nostro Paese, la nostra Europa e il mondo intero. Sono una insegnante di lettere in pensione che per 40 anni ha insegnato nella scuola media (oggi secondaria di primo grado). Oltre a far conoscere ai miei alunni i contenuti di italiano, storia e geografia, ho sempre promosso lo studio dell’educazione civica, perché ritengo, a buon diritto, che questa materia, trattata troppo spesso come una “cenerentola”, sia invece fondamentale per la crescita e lo sviluppo armonico della coscienza di un cittadino consapevole dei propri diritti e dei propri doveri.
Ricordo che quando dovevo spiegare ai miei alunni tredicenni il significato dell’articolo 48 della Costituzione Italiana, che parla del diritto di voto e che è anche un dovere civico, ricorrevo a un esempio pratico. «In una classe di 25 alunni bisogna procedere all’elezione di un capoclasse che la rappresenti e sia in grado di riportarne le istanze presso la presidenza. I candidati sono due: Luigino e Giovannino. Viene eletto Luigino, con 10 voti, mentre Giovannino ne totalizza soltanto 8. I conti non tornano perché il totale avrebbe dovuto essere 25 e non 18.È evidente che alcuni alunni non hanno esercitato il loro diritto di voto. Poco male, si potrebbe dire, ma non è così. Qualche tempo dopo cominciano a serpeggiare critiche nei confronti dell’operato e delle capacità di Luigino. Critiche che vengono proprio da coloro che non hanno votato. A questo punto è gioco forza spiegare a costoro perché non hanno diritto di critica. Se avessero votato avrebbero potuto concorrere alla vittoria dell’altro candidato magari più vicino alle loro posizioni e forse più competente. Il treno è passato, l’occasione è andata persa. E ora? In una sana democrazia vince chi riporta più voti, criticare il compagno è un esercizio sterile, non produttivo. Occorre adoperarsi correttamente facendo opposizione affinché le istanze della minoranza vengano prese seriamente in considerazione».
A questo punto basta calare l’esempio della piccola assemblea di classe in quella ben più grande e importante che è il Parlamento Nazionale e la conclusione è ovvia. Per concludere: quella che i nostri Padri Costituenti ci hanno dato, in un corretto sistema democratico, è un’opportunità unica che ci rende protagonisti delle scelte del futuro nostro e delle generazioni che verranno. Sfruttiamola appieno e coscientemente». GIOVANNA ARGENTIERI
D’accordo con te, Giovanna, che tanto mi ricordi la mia maestra delle elementari che, a noi bambini piccoli in terra di frontiera – sono cresciuto a Bolzano – instillava con delicatezza ma con estrema serietà questi valori civici, che ancora cerco di portarmi dietro. A proposito di quando dici, scriveva il 10 agosto su L’Adige Maria Prodi, una illuminata insegnante sua collega: «La scomparsa di un cattolicesimo politico è anche segno di un declino della faticosa ma indispensabile formazione culturale delle giovani generazioni di credenti». È su questo che, forse anche affaticati da divisioni poco dialogiche degli anni scorsi nel mondo cattolico, abbiamo mollato sulla formazione politica (o meglio “pre-politica”) dei ragazzi.
Questo abbandono non riguarda, però, solo il nostro mondo, ma anche quello della società civile in generale (per prima la scuola, ahimè) e dei partiti. A proposito dei questi ultimi, ancora Prodi chiosava: «Oggi facciamo i conti con partiti che vivono di comunicazione e si occupano della collocazione del loro ceto politico. Partiti che non riescono a ospitare al loro interno elaborazioni e dibattiti. Partiti sempre più inadatti a essere luoghi di idee e discussione». In questo generale disorientamento, ci tenga la mano sulla testa Gesù e ci ispiri il suo Vangelo, illuminandoci come elettori dove possiamo trovare scampoli di una politica che abbia un’attitudine all’incontro, alla mediazione tra gli opposti come nella migliore tradizione cattolica, riconciliativa e mite