Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
giovedì 01 maggio 2025
 

Politica ed educazione civica: la lezione di una professoressa

Gentile Direttore, sono abbonata a Famiglia Cristiana da ormai molti anni e leggo sempre con interesse gli articoli che vengono proposti. Mi ha colpito, nel n. 33, il commento di don Mazzi che chiarisce ai giovani che «il voto è lo strumento per provare a cambiare il mondo». Condividendo in pieno le motivazioni riportate, desidererei aggiungere una mia riflessione su gli adulti che negli anni si sono sempre più disaffezionati al voto e incoraggiarli a cambiare il loro atteggiamento, soprattutto in un momento così critico e importante per il nostro Paese, la nostra Europa e il mondo intero. Sono una insegnante di lettere in pensione che per 40 anni ha insegnato nella scuola media (oggi secondaria di primo grado). Oltre a far conoscere ai miei alunni i contenuti di italiano, storia e geografia, ho sempre promosso lo studio dell’educazione civica, perché ritengo, a buon diritto, che questa materia, trattata troppo spesso come una “cenerentola”, sia invece fondamentale per la crescita e lo sviluppo armonico della coscienza di un cittadino consapevole dei propri diritti e dei propri doveri.

Ricordo che quando dovevo spiegare ai miei alunni tredicenni il significato dell’articolo 48 della Costituzione Italiana, che parla del diritto di voto e che è anche un dovere civico, ricorrevo a un esempio pratico. «In una classe di 25 alunni bisogna procedere all’elezione di un capoclasse che la rappresenti e sia in grado di riportarne le istanze presso la presidenza. I candidati sono due: Luigino e Giovannino. Viene eletto Luigino, con 10 voti, mentre Giovannino ne totalizza soltanto 8. I conti non tornano perché il totale avrebbe dovuto essere 25 e non 18.È evidente che alcuni alunni non hanno esercitato il loro diritto di voto. Poco male, si potrebbe dire, ma non è così. Qualche tempo dopo cominciano a serpeggiare critiche nei confronti dell’operato e delle capacità di Luigino. Critiche che vengono proprio da coloro che non hanno votato. A questo punto è gioco forza spiegare a costoro perché non hanno diritto di critica. Se avessero votato avrebbero potuto concorrere alla vittoria dell’altro candidato magari più vicino alle loro posizioni e forse più competente. Il treno è passato, l’occasione è andata persa. E ora? In una sana democrazia vince chi riporta più voti, criticare il compagno è un esercizio sterile, non produttivo. Occorre adoperarsi correttamente facendo opposizione affinché le istanze della minoranza vengano prese seriamente in considerazione».

A questo punto basta calare l’esempio della piccola assemblea di classe in quella ben più grande e importante che è il Parlamento Nazionale e la conclusione è ovvia. Per concludere: quella che i nostri Padri Costituenti ci hanno dato, in un corretto sistema democratico, è un’opportunità unica che ci rende protagonisti delle scelte del futuro nostro e delle generazioni che verranno. Sfruttiamola appieno e coscientemente». GIOVANNA ARGENTIERI

D’accordo con te, Giovanna, che tanto mi ricordi la mia maestra delle elementari che, a noi bambini piccoli in terra di frontiera – sono cresciuto a Bolzano – instillava con delicatezza ma con estrema serietà questi valori civici, che ancora cerco di portarmi dietro. A proposito di quando dici, scriveva il 10 agosto su L’Adige Maria Prodi, una illuminata insegnante sua collega: «La scomparsa di un cattolicesimo politico è anche segno di un declino della faticosa ma indispensabile formazione culturale delle giovani generazioni di credenti». È su questo che, forse anche affaticati da divisioni poco dialogiche degli anni scorsi nel mondo cattolico, abbiamo mollato sulla formazione politica (o meglio “pre-politica”) dei ragazzi.

Questo abbandono non riguarda, però, solo il nostro mondo, ma anche quello della società civile in generale (per prima la scuola, ahimè) e dei partiti. A proposito dei questi ultimi, ancora Prodi chiosava: «Oggi facciamo i conti con partiti che vivono di comunicazione e si occupano della collocazione del loro ceto politico. Partiti che non riescono a ospitare al loro interno elaborazioni e dibattiti. Partiti sempre più inadatti a essere luoghi di idee e discussione». In questo generale disorientamento, ci tenga la mano sulla testa Gesù e ci ispiri il suo Vangelo, illuminandoci come elettori dove possiamo trovare scampoli di una politica che abbia un’attitudine all’incontro, alla mediazione tra gli opposti come nella migliore tradizione cattolica, riconciliativa e mite


27 ottobre 2022

 
Pubblicità
Edicola San Paolo