Il cardinale Bagnasco (Reuters).
La giornata di ieri, 15 agosto, ha portato con sé due notizie importanti. La prima: è stato censito il profugo numero 100 mila arrivato in Italia nel 2014. si tratta di Iftikar al Daye, una donna siriana, cuoca di professione, scappata da Damasco due anni fa (e nel frattempo rimasta in Egitto) con figlio, nuora e nipoti. Quota 100 mila (che sarà presto superata) costituisce il record assoluto degli ultimi anni, avendo largamente superato i 62.692 profughi arrivati nel 2011, l'anno delle Primavere arabe e del fallimento della politica dei respingimenti.
La seconda notizia è questa: il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana e vice presidente del Consiglio delle Conferenza Episcopali d'Europa, ha detto che la Chiesa italiana (che ha già mandato un milione di euro in Iraq per aiutare i cristiani perseguitati) "ha dichiarato la sua disponibilità ad accogliere eventuali profughi".
La Chiesa italiana è da molti anni attiva sul fronte dell'accoglienza di quaklunque genere di profugo, naturale quindi che si mobiliti anche e soprattutto per i fratelli cristiani perseguitati in Iraq (e in Siria). Qualcosa di simile, ma a livello di Stato, l'ha fatto la Francia: i ministri degli Esteri e degli Interni, Fabius e Cazeneuve, hanno emesso una dichiarazione congiunta per annunciare che saranno semplificate, per i profughi iracheni, cristiani e non, le procedure per l'ottenimento dello status di rifugiato.
Se non verrò posto un più che rapido rimedio al dramma dell'Iraq, quindi, ci troveremo di fronte a un non meno drammatico incrocio tra intervento a favore delle minoranze minacciata di estinzione violenta e problemi dell'immigrazione. L'Italia, come tutti sanno, è in prima linea nell'affrontare l'ondata migratoria, mai così alta evidentemente a causa delle turbolenze dell'Africa e del Medio Oriente: guerra in Libia, guerra in Siria, guerra in Iraq, tre anni di disordini e ora un regime militare in Egitto... Al nostro Paese sarebbe però impossibile rifiutare l'accoglienza proprio ai cristiani iracheni o ai rappresentanti delle altre minoranze del Paese che rischiano di subire un vero genocidio: gli yazidi, per esempio, esponenti di una religione derivata dallo zoroastrismo, ancor più indifesi dei cristiani e ogni giorno decimati dai massacri dei boia dell'Isis.
Il ragionamento, però, vale anche al contrario. Sarebbe altrettanto impossibile, infatti, per la Chiesa (che infatti non fa distinzioni) come per lo Stato, accogliere solo i profughi cristiani. Agli yazidi, per esempio, che cosa diremmo: scusate, per voi non c'è posto?
E questo vale, ovviamente, anche per la gran parte di coloro che sono già arrivati. La Stampa ha fatto un ottimo lavoro nel censire le provenienze di questi 100 mila finora sbarcati. 26.564 sono arrivati dall'Eritrea, uno Stato-prigione dove non c'è libertà di parola, di attività politica o credo religioso, dove è obbligatorio il servizio militare a vita, dove campi di concentramento, prigioni, torture e repressioni sono la norma: potremmo negare asilo agli eritrei in fuga?
Altri 18.855 sono arrivati dalla Siria: serve spiegare che cosa succede laggiù? E 3.352 dalla Somalia: idem come sopra. Poi ci sono 2.471 egiziani. 5.189 dalla Nigeria dove impazzano i massacri anticristiani di Boko Haram. 7.414 dal Mali dove, nel 2012-2013, è impazzata una guerra violentissima fino all'intervento militare francese e dove tuttora è viva la guerriglia islamista nel Nord.
Insomma, distinguere tra le ragioni dell'uno e dell'altro profugo e fare graduatorie del bisogno è molto meno facile di quanto alcuni sembrino pensare. E il numero di coloro che vogliono fuggire da disastri, violenze e persecuzioni, come si vede, non pare diminuire. Anzi, il contrario.