Don Davide Banzato commenta la prima delle tre parabole della misericordia dal Santuario di San Giovanni Paolo II a Cracovia durante la puntata de i viaggi del cuore.
Oggi stiamo riflettendo su una parola chiave del Vangelo, la parola misericordia, che in ebraico significa viscere materne rahamîm. Infatti, in Isaia 49,15 troviamo scritto: “Può una madre dimenticarsi del proprio figlio?” Di solito no, non capita, “ma se anche questo accadesse, io non mi dimenticherò mai di te”. Per riflettere sulla misericordia prendiamo il capitolo 15 di Luca, che dedica tre parabole sulla misericordia, chiamate anche le parabole della gioia. Nascono in un contesto nel quale i farisei e gli scribi non capiscono perché Gesù stia con i pubblicani e con i peccatori, ma soprattutto non riescono a gioire della loro conversione.
E allora Gesù risponde loro con queste tre parabole: la famosa parabola della pecora smarrita, la parabola della dracma o moneta perduta e quella del figlio prodigo o padre misericordioso. Sono tre parabole che ci svelano il volto materno e paterno misericordioso di Dio. Leggiamo l’inizio della prima parabola: “Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia la novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta finché non la ritrova?”. Noi diremmo che forse è meglio custodire le novantanove che abbiamo, anche perché se n'è persa solo una... Invece la misericordia di Dio ha a cuore ciascuno di noi, anche la pecora perduta e la va a cercare finché non la ritrova. C'è anche una seconda sfumatura che spesso non si coglie: al pastore è permesso andare alla ricerca di quella smarrita, perché le altre novantanove sono così mature da esser capaci di restare da sole nel deserto. E poi il vangelo prosegue così: “Una volta ritrovata se la mette in spalla, tutto contento”.
Se la mette in spalla ed è gioioso, ma la misericordia si fa anche della fatica del fratello e della sorella che è in difficoltà, caricandola sulle spalle. Il passaggio successivo è altrettanto importante: “Va a casa - la porta fino a casa - e poi chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me”. La parola greca rallegratevi con me si può tradurre con congioite ovvero gioite insieme a me: ecco perché è una delle parabole della gioia! “Rallegratevi con me perché ho trovato la mia pecora che era perduta”. Il finale di questa parabola è importante: “Così vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione”.
Sarebbe meglio dire che - come gli scribi farisei - pensano di non aver bisogno della conversione. Il messaggio finale di questa parabola è straordinario: noi possiamo dare gioia al cuore di Dio se ci convertiamo e convertirsi significa cambiare rotta, cambiare vita, rettificare ciò che non va, mettere al centro al primo posto l'Amore! Ma possiamo dare gioia al cuore di Dio anche se riusciamo a far ritrovare l'amore al fratello e alla sorella che si sono smarriti.