A conclusione del Vaticano II
si parlava della “nuova primavera”
della Chiesa. Cosa si intendeva con
quelle parole, e dov’è questa primavera?
A me sembra di vivere l’“inverno”
della Chiesa. Ogni anno diminuiscono
le vocazioni al sacerdozio e alla
vita religiosa; moltissime parrocchie
sono senza sacerdote; i giovani dopo
la Cresima non frequentano più l’oratorio;
le confessioni sono in forte calo
e la gente si comunica senza confessarsi;
non c’è più il senso del peccato;
i matrimoni religiosi diminuiscono
di anno in anno... Non mi sembra proprio
una “primavera”! L’altro giorno,
osservando piazza San Pietro gremita
di una gran folla che gridava «Viva il
Papa», mi sono chiesto: ma poi quanti
di questi mettono in pratica i suoi
insegnamenti? Mi sono ricordata
dell’ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme
quando la folla l’osannava,
agitando ramoscelli di ulivo. Ma
poi le stesse persone hanno gridato:
«Crocifiggilo».
BENITO V.
Il Vaticano II è stato una delle più
grandi rivoluzioni dall’inizio del cristianesimo.
L’espressione «primavera della
Chiesa» stava a indicare quella forte
novità che qualcuno ha definito una “rivoluzione
copernicana”. La Chiesa, spesso
diffidente e ostile alla società, si è aperta
al mondo con fiducia e ottimismo. Ha
ripreso a camminare assieme all’umanità,
condividendone gioie e speranze, ma
anche tristezze e angosce. Il cammino di
rinnovamento non è stato facile, a causa
di irriducibili resistenze e sterili nostalgie
del passato. Il bilancio che tu fai, caro Benito,
è tutto negativo. Ma ignori quanto
fermento e quanta vitalità esistono oggi,
pur tra mille difficoltà e intoppi. Inoltre,
in tempi di così rapidi e profondi mutamenti
sociali, chiediti, che ne sarebbe
stato della Chiesa, senza il Concilio?