Caro don Stefano, sono un assiduo lettore di Famiglia Cristiana da molti anni. Ho sentito al telegiornale che il Vaticano ha dichiarato non validi alcuni Battesimi perché celebrati dai sacerdoti con eccessiva “creatività”.
Può spiegarmi esattamente i termini della questione? Grazie.
MARIO (RIMINI)
Caro Mario, la notizia si riferiva a una nota del Dicastero per la Dottrina della Fede dal titolo Gestis verbisque (“In parole e gesti”) del 3 febbraio scorso, pubblicata per correggere alcuni abusi liturgici in relazione alla celebrazione del Battesimo, che hanno causato la nullità del Sacramento, costringendo le autorità ecclesiastiche a convocare di nuovo i battezzandi e le loro famiglie per ripetere in maniera valida il rito.
Una sorta di “volontà manipolatrice” – come la chiama il documento – ha spinto, infatti, alcuni sacerdoti a non utilizzare la formula del rituale («io ti battezzo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo»), ma altre più fantasiose, del tipo «io ti battezzo nel nome del Creatore…», o «a nome del papà e della mamma noi ti battezziamo...». Non si gioca con i Sacramenti, così come non lo si fa con la Parola di Dio, né con il suo popolo. Per facilitare questi propositi la Chiesa ha progressivamente definito la “materia” e la “forma” dei Sacramenti – “gestis verbisque”, appunto – e li ha compendiati in modo preciso nei relativi libri liturgici.
Per il Battesimo questi sono, rispettivamente, l’acqua che si versa sul capo di chi viene battezzato e la corretta formula rituale sopra citata. L’intenzione del ministro, insieme alla disposizione del ricevente, si manifestano anche attraverso l’osservanza del rito stabilito dalla Chiesa, «cosicché la grave modifica degli elementi essenziali introduce anche il dubbio sulla reale intenzione del ministro, inficiando la validità del Sacramento celebrato».
La “potestas” del ministro, in altre parole, è sempre e solo una “diaconia”, cioè un servizio. Il documento è un aiuto ai vescovi nel loro compito di promotori e custodi della vita liturgica delle Chiese particolari loro affidate, e nel contempo una presa di coscienza da parte di tutti i ministri perché superino la tentazione di sentirsi proprietari della Chiesa e gestori assoluti della vita sacramentale dei fedeli.