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martedì 15 ottobre 2024
 

Quando il morire da soli diventa denuncia della nostra società

Caro direttore, sono rimasto letteralmente agghiacciato nell’apprendere del sessantenne morto in casa a Lentini e trovato soltanto dopo 8 mesi con il corpo ormai mummificato. Da oltre 20 anni era separato dal- la moglie e i figli vivono lontano, ma è possibile che nessuno lo abbia mai cercato in un lasso di tempo così lungo? Possibile che quest’uomo non avesse nessuno che si preoccupasse della sua condizione, del suo silenzio? I media hanno parlato di “tragedia della solitudine” e io credo che questo dramma stia un po’ dilagando. Viviamo in una società molto egoista, dove si tende a intessere relazioni solo per un fine specifico. C’è quasi una nevrosi del tempo che non va sprecato in cose che non fruttano nulla di materiale. Perfino le comunità parrocchiali perdono la forza e la coesione di un tempo. Secondo lei è ancora possibile tornare a una logica più umana e meno superficiale? In uno scenario così fosco, possiamo ancora sperare nella carica della fede e dell’amore per il prossimo? GIANLUCA P., COSENZA

Caro Gianluca, quello che infatti colpisce, e che rischia di passare inosservato e affogare nella corrente di notizie che ci travolge ogni giorno, è che questa persona, solo sessantenne e come dici tu separato dalla moglie da 20 anni, non avesse rapporti con nessuno, nemmeno con i figli che vivono altrove e che evidentemente avevano perso i contatti con lui. I vicini di casa, che poi hanno chiamato i carabinieri, da diversi mesi non avevano sue notizie e, stando a quanto da loro raccontato, pare che non ricevesse mai visite da parenti o amici. Sembra anche che conducesse una vita tutt’altro che agiata, in assoluta e perfetta solitudine. Non sono, purtroppo, isolate notizie come questa. È inutile ora fare facili moralismi e puntare il dito contro chicchessia, fosse pure una società atomizzata e indifferente, perché rischierebbe di deresponsabilizzarci rispetto alla condizione di solitudine che colpisce inesorabilmente le nostre società, sempre più ipertecnologiche, sempre più prese da mille impegni e per questo sempre più egoiste.

Questo episodio, lontano anni luce dal grado di civiltà che pensiamo di avere raggiunto, deve farci riflettere: quanto ci sentiamo responsabili del nostro prossimo? L’11 novembre scorso abbiamo fatto la memoria di san Martino di Tours, un uomo vissuto nel IV secolo d.C. e la cui vita è legata a un episodio tanto semplice quanto significativo: ancora soldato e catecumeno, manifestò la sua carità evangelica dando metà del suo mantello a un povero assiderato dal freddo.

Non era tenuto a farlo, ma mosso a compassione lo ha fatto. Ha salvato il povero senza rinunciare a se stesso. Quel mantello diviso a metà può essere letto come la moltiplicazione dei pani e dei pesci di Gesù. La benedizione del dono di se ha un effetto moltiplicatore. Nel Vangelo di quel giorno (Luca 17,26-37) Gesù descrive una situazione simile a quella di oggi: «Come avvenne nei giorni di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell’uomo: mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e venne il diluvio e li fece morire tutti.

Come avvenne anche nei giorni di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano; ma, nel giorno in cui Lot uscì da Sòdoma, piovve fuoco e zolfo dal cielo e li fece morire tutti». La continuazione della parabola possiamo immaginarla nel nostro oggi, in cui siamo tutti impegnati a “fare cose” – tante, tutte necessarie e utili – ma a volte non ci accorgiamo del fratello e della sorella della porta accanto e che sta morendo di solitudine. Siamo alla fine dell’anno liturgico, le letture dei giorni che hanno preceduto la solennità di Cristo Re di questa domenica ci hanno ricordato i tempi ultimi, quelli del giudizio di Dio, che pure verrà a giudicare, con giustizia e misericordia, le nostre vite.

È interessante che il ricordo di san Martino sia vivo nella Chiesa per un apparente e, a occhio nudo, banale gesto: ha dato metà del suo mantello a un povero. E così è la memoria di Dio: forse si ricorderà più dei piccoli gesti di amore che avremo fatto nelle nostre giornate così piene che delle tante (a volte non necessarie) cose di cui riempiamo i nostri giorni


29 dicembre 2022

 
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