La postazione della polizia israeliana presso la Porta di Damasco (foto F. Scaglione).
Da Gerusalemme - Uno dei fattori di maggiore inquietudine per Israele, in questa intifada dei coltelli, è la partecipazione agli scontri e agli agguati di tanti giovani arabi israeliani o che vivono in Israele. Che i palestinesi di Cisgiordania siano esasperati, tra occupazione, controlli militari, crisi economica, irrilevanza politica e propaganda di Hamas, è noto e previsto. Che possa invece mobilitarsi quel 21% della popolazione di Israele formato dagli arabi, invece, è ben altro spauracchio.
Significherebbe tante cose. Avere il "nemico" in casa. Buttare alle ortiche, o quasi, la sensazione di parziale sicurezza generata dal Muro (o barriera di separazione). Dover militarizzare (come infatti sta avvenendo in questi giorni) il proprio Paese e non più solo la terra altrui. Uno scenario nuovo e ancor più drammatico del precedente, già drammatico di suo. Ma non solo: vorrebbe anche dire che il "modello Israele" non fa presa sui giovani palestinesi che in esso non solo vivono ma, soprattutto, sono nati e cresciuti. Star meglio dei loro coetanei della Cisgiordania,e ancor più di quelli di Gaza, a quanto pare, non sarebbe sufficiente.
Per questo, ieri, gli occhi di tutti erano puntati su due grandi manifestazioni di palestinesi, a Betlemme (Cisgiordania) e a Sakhnin (Israele). Nella città della Natività gli scontri con esercito e polizia, durante una marcia di protesta, si sono conclusi con la morte di un altro palestinese, un ragazzo di 29 anni che va ad allungare la lista dei "martiri".
A Sakhnin, invece, sono scesi in piazza migliaia di palestinesi "qualunque", richiamati dall'appello del Comitato dei Cittadini arabi di Israele a uno sciopero generale che ha in effetti avuto un'alta partecipazione. Anche qui slogan dedicati alla resistenza all'occupazione e alla difesa della moschea di Al Aqsa, quella che secondo i palestinesi sarebbe minacciata nella sua autonomia dagli israeliani, cosa che ovviamente gi israeliani negano. Nonostante Sakhnin sia la piazza storica delle manifestazioni dei palestinesi di Israele, qui il clima era tutt'altro: organizzatori e partecupanti (tra loro, molti deputati della lista unitaria dei partiti arabi presenti nella Knesset) hanno ribadito in ogni modo possibile la scelta irrevocabile della via pacifica e prima della manifestazione avevano lasciato i negozianti arabi totalmente liberi di aderire allo sciopero oppure no.
La sensazione, comunque, è quella di un confronto tra due società ormai trascinate dalle ali estreme. Basta un "lupo solitario"con un coltello per far saltare qualunque tregua, come basta un colono con una molotov per innescare uno scontro. Nella totale assenza di figure politiche abbastanza coraggiose, lucide e credibili, sull'uno come sull'altro lato, capaci di opporsi alla marea montante del risentimento. e dell'odio.