Caro direttore, sono un insegnante di pallavolo. Un giorno misero ai voti, all’interno della mia associazione sportiva, la possibilità di acquistare un costoso tabellone punti, quando quello attuale andava ancora bene. Con rammarico mi trovai in minoranza e dovetti accettare il verdetto. Nel bene o nel male, questa è la regola d’oro che evita la destrutturazione della società nell’anarchia.
Mi sembra che tale principio non si stia tenendo in considerazione, se pensiamo ai 31 mila firmatari della petizione che chiede la rimozione delle opere di Andrea Saltini in mostra presso la chiesa di Sant’Ignazio a Carpi (Modena).
Ce ne sono altrettante dall’altra parte? Se qualcuno è al corrente di numeri precisi, li divulghi. Mi sono sentito umiliato dai silenzi della controparte, ma anche ingannato da comunicati che hanno tentato in tutti i modi di presentare bianco il nero e viceversa. Solo con un sano contraddittorio se ne può uscire, non con bollettini o interviste rilasciate a qualche emittente, senza che ci sia mai la compagine che sta tentando nei modi più mansueti di far capire dov’è l’errore.
PIERLUCA CODELUPPI
Caro Pierluca, nel frattempo la mostra intitolata Gratia plena (foto) è stata chiusa il 18 aprile (anziché il 2 giugno, come programmato) per volere, così si legge in rete, dell’artista che, aggredito pochi giorni prima da un uomo che stava tentando di rovinare le sue opere ma anche per le grandi critiche ricevute, ha deciso di ritirarsi.
La vicenda merita, però, di essere commentata, visto che molti fedeli si sono opposti in modo netto a una esposizione che, se voleva presentare per volontà della Curia carpigiana in un luogo sacro il percorso spirituale di Saltini, presentava, però, da subito, aspetti molto dubbi: dalle accuse di blasfemia (un quadro rappresenta un uomo, il centurione romano Longhino, accovacciato sul corpo esanime di Gesù in una posizione simil erotica), alle accuse di imitazione delle opere del coreografo greco Dimitris Papaioannou, alla reale qualità artistica delle opere. Su tutto questo, però, la Curia in effetti ha glissato, difendendola a oltranza.
Credo che, soprattutto in un tempo in cui si parla copiosamente di corresponsabilità e di sinodalità, la vicenda sia nata male e finita peggio. Quando si fa una mostra di arte sacra non si parte dal principio che l’artista può esprimere quello che vuole, ma si devono sempre rispettare i canoni della fede, anche quando vuole essere provocatoria.
A mio modo di vedere la mostra, dal punto di vista del cammino ecclesiale, ha fallito perché ha ferito una consistente parte della comunità cristiana, oltrepassando la linea rossa del rispetto della fede semplice. Cosa costava, di fronte a tanti fedeli che hanno manifestato in modo civile delle perplessità, dire che era stato un esperimento e che la prossima volta si sarebbe stati più attenti?