Caro don Stefano, sono rimasta scandalizzata dalla cerimonia d’apertura dei Giochi olimpici. A parte la lunghezza eccessiva, la collettiva ubriacatura di effetti speciali in mondovisione, la montagna di soldi spesi per mettere su un impianto del genere (solo per rinfocolare la “grandeur” francese?),
i rischi per la sicurezza e tutto quello che ci va dietro a livello di disagio per gli abitanti della città, quello che mi ha rovinato l’inizio della più grande manifestazione sportiva del mondo che attendevo con ansia è stata la parodia dell’Ultima Cena di Leonardo da Vinci, popolata di drag queen e da un improbabile “dio Dionisio” in primo piano.
Una scena blasfema, l’ennesima, che con la pretesa della Francia di essere la patria dei diritti non c’entra nulla, perché quei diritti (dei cattolici di tutto il mondo, visto che i Giochi sono universali esprimono l’incontro di tutti i popoli) li calpesta per prima. E non da oggi.
ROBERTA
Cara Roberta, purtroppo sappiamo ormai per esperienza che l’uso blasfemo e deviato di simboli sacri (sempre e solo rigorosamente cattolici) in occasioni pubbliche – in questo caso quello più prezioso per noi, cioè l’Eucaristia – sembra non conoscere fine. Ogni occasione è buona. Ancora meglio se in mondovisione e per rappresentare la grandeur francese, figlia della Rivoluzione, che fa della libertà asintotica il dio da idolatrare, senza alcun riferimento ideale, se non l’uomo centro dell’universo e la soddisfazione di tutte le sue voglie. La morale? Il rispetto della fede dei cattolici? Robe del passato, svegliatevi!, l’uomo è finalmente libero da ogni orpello e da ogni religione. La libertà dei credenti consiste solo nel potersi sentire senza colpo ferire offesi nel loro sentimento più intimo.
I geniali ideatori del mega spettacolo – una maratona infinita di balletti, barche sulla Senna e giochi di luce – lo hanno così concepito anche per rilanciare a livello mondiale la Francia in un momento di crisi politica e, soprattutto, identitaria, in cui fasce di popolazione sempre più larghe, soprattutto rurali, insorgono periodicamente in modo violento, in perfetto stile rivoluzionario, per rivendicare il loro posto in una società in grande transizione. E manifestano questa protesta, che descrive bene la crisi d’identità della “figlia primogenita della Chiesa”, anche nel segreto delle urne, vista la vittoria al primo turno delle scorse elezioni europee delle destre. Così hanno infilato, tra le tante esibizioni degne comunque di pregio, quella scena lì, una via di mezzo tra il “convivio degli dei” di greca memoria e l’Ultima Cena di Leonardo, come mostrano alcuni segni evidentemente cristiani: un’Ostia che, quando viene consacrata nella Messa, diventa il Corpo di Cristo è incastonata sulla testa della figura femminile, ad indicarne scherzosamente un’aureola di “santità”, mentre il Sangue di Cristo è rappresentato da un corpulento e stravaccato Bacco, il dio del vino e della sensualità nella mitologia classica, colorato di blu.
La Francia, ricordavamo sul nostro sito subito dopo l’accaduto, ha un debito di cultura e di civiltà verso quei cristiani che oggi dileggia sullo sfondo della basilica di Notre-Dame e ha abbastanza cultura per sapere che non è necessario offendere la sensibilità e la fede altrui per affermare la propria idea di mondo. Ma tant’è. Ça va sans dire (occorre dirlo, tirando un sospiro di sollievo) che avremmo contestato questa scelta con la stessa forza anche nella malaugurata ipotesi che si fossero sfiorati simboli di altre religioni, a partire da quella islamica. Ma, grazie a Dio, se ne sono guardati bene: sai che bello avere la rivoluzione nelle banlieu parigine, a partire da Saint-Denis, sede di molte gare? Ci chiediamo anche: quale sintonia può avere una scena del genere con lo spirito delle Olimpiadi, che rappresentano un lungo e atteso momento di fraternità universale e di spirito di pace e collaborazione tra le nazioni?
Per onor di cronaca va detto che il coreografo Thomas Jolly, colui che era a capo del team che ha concepito lo spettacolo, ha spiegato di «non essersi ispirato all’Ultima Cena», mentre Anne Descamps, la direttrice della comunicazione di Parigi 2024, si è schermita porgendo le scuse dell’organizzazione: «La nostra intenzione non era di mancare di rispetto a un gruppo religioso, qualunque esso sia. Al contrario, era mostrare tolleranza e comunione. Se qualcuno è stato offeso, ce ne scusiamo».
Mi sembra a ogni buon conto che l’atteggiamento giusto l’abbiano avuto i vescovi francesi, che con il loro comunicato, dopo aver elogiato lo spirito olimpico che informerà la manifestazione e apprezzato la stessa cerimonia d’apertura, hanno scritto con grande fermezza e pacatezza: «Purtroppo essa ha incluso scene di derisione e di sbeffeggiamento del cristianesimo che noi deploriamo molto profondamente. Ringraziamo i membri delle altre confessioni religiose che ci hanno espresso la loro solidarietà. Oggi il nostro pensiero va a tutti i cristiani di tutti i continenti che sono stati feriti dall’eccesso e dalla provocazione di certe scene. Ci auguriamo che comprendano che la festa olimpica si sviluppa ben al di là dei pregiudizi ideologici di alcuni artisti».
Un messaggio fedele allo spirito cristiano, che nella fatica invita a guardare all’essenza delle cose. Mi sembra che quella solidarietà tra le religioni, che rispecchia lo “spirito di Assisi” inaugurato da papa Giovanni Paolo II e portata avanti dai suoi successori, sia molto più avanti nell’interpretare il mondo futuro, il solo possibile, fatto di rispetto e concordia. Senza ideologie, le vere nemiche dell’uomo.