Caro direttore, da quando alla guida della Chiesa c’è papa Francesco provo un senso di piena consonanza con le sue parole e i suoi gesti. Noto però che questo apprezzamento sembra trovare più seguito nel popolo di Dio che nelle alte sfere della gerarchia. Ieri, sul quotidiano della mia città, sotto il titolo “Comunione ai divorziati: il Papa è sotto attacco”, leggo che Gerhard Müller, prefetto dell’ex Sant’Uffizio, ha dedicato un volume di 600 pagine alla demolizione di Amoris laetitia, un testo preceduto da due Sinodi e da una capillare consultazione del popolo di Dio. La contestazione è pesante: «Un Papa non può cambiare i criteri di ammissione ai sacramenti e dare l’assoluzione e permettere la comunione ai divorziati risposati senza pentimento e la ferma risoluzione di evitare d’ora in poi quel peccato, senza peccare egli stesso in relazione alla verità del Vangelo e alla salvezza di quei fedeli indotti in errore». Insomma, o Amoris laetitia non ha cambiato niente, o il Papa è eretico. Mi rivolgo alla mia rivista per capire se tale articolo riporti correttamente i fatti e cosa si debba pensare delle affermazioni di Müller.
DARIO SANTIN
Caro Dario, il libro del cardinale Müller è uscito finora solo in tedesco e quindi non ho avuto modo di leggerlo. Mi sembra di aver capito, però, che le critiche all’attuale Papa non siano mai troppo esplicite. Comunque è l’opera di un teologo che esprime le sue opinioni. Certo, questo teologo è anche il prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, ma non ha scritto quel testo in qualità di prefetto, non è un documento della Congregazione pontificia. Quindi il suo valore è relativo.
Riguardo all’Esortazione Amoris laetitia, poi, penso che l’attuale dibattito dipenda dalla difficoltà, da parte di tanti, a superare una mentalità canonistica. C’è, a questo proposito, una bella frase nel documento, che prende spunto da san Tommaso d’Aquino. «È meschino soffermarsi a considerare solo se l’agire di una persona risponda o meno a una legge o a una norma generale, perché questo non basta a discernere e ad assicurare una piena fedeltà a Dio nell’esistenza concreta di un essere umano. Prego caldamente che ricordiamo sempre ciò che insegna san Tommaso d’Aquino e che impariamo ad assimilarlo nel discernimento pastorale: “Sebbene nelle cose generali vi sia una certa necessità, quanto più si scende alle cose particolari, tanto più si trova indeterminazione. […] In campo pratico non è uguale per tutti la verità o norma pratica rispetto al particolare, ma soltanto rispetto a ciò che è generale; e anche presso quelli che accettano nei casi particolari una stessa norma pratica, questa non è ugualmente conosciuta da tutti. […] E tanto più aumenta l’indeterminazione quanto più si scende nel particolare”» (n. 304). Un testo da meditare, come tutta l’esortazione.