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giovedì 19 giugno 2025
 
Rito romano Aggiornamenti rss don Gianni Carozza

Quindicesima domenica del Tempo ordinario (anno C) 14 luglio 2013

Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui».

Luca (10,25-37) 

“Farsi prossimo” all'altro


Le parabole di Gesù sono straordinarie: di una semplicità disarmante per chiunque, perché il Signore parla a quell’intelligenza umile che è viva in chi lo cerca e desidera amarlo «con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la forza e con tutta la mente ». Gesù, riguardo alla domanda «chi è il mio prossimo?», ha ribaltato i termini della questione con queste parole conclusive: «Va’ e anche tu fa’ così», affermando che ciascuno di noi deve “farsi prossimo” all’uomo malcapitato, deve “aver cura di lui”. Nella parabola di Luca, “lui” è «un uomo che... cadde nelle mani dei briganti».

Premessa molto attuale e riferibile oggi alle più diverse situazioni di bisogno presenti nella società. Sì, oggi la “dignità” di moltissimi uomini, donne e bambini cade e sta «nelle mani dei briganti»: è la dignità della famiglia, dell’immigrato, del povero, del lavoratore, della scuola! Briganti sono quei “malfunzionamenti”, soprattutto a livello spirituale e morale, che scopriamo là dove non vorremmo vederli. È “brigante” anche questo lungo periodo di crisi, che ha le sue radici nel “cuore di pietra” e che tra l’altro si esprime in una finanza “facile”, in un gioco pericoloso condotto sulla pelle di molti e che molti ha impoverito e continua a impoverire.

Ma per noi questo non è il luogo e il tempo delle requisitorie. È piuttosto il luogo e il tempo di un monito che tutti ci deve coinvolgere: a tutti e a ciascuno di noi sarà chiesto conto di un impegno non solo a non essere “briganti” ma, prima e sopra tutto, a educare al vero e al bene, ad aver cura di tutto ciò che rafforza l’idea, la convinzione che «tutti siamo responsabili di tutti», come scriveva il beato Giovanni Paolo II nell’enciclica
Sollicitudo rei socialis.

E questo nel segno di una novità sorprendente: perché Gesù ritiene fatto a sé quanto assicuriamo in dignità a chi patisce qualsiasi genere di emarginazione e di umiliazione. Resto sorpreso anche dall’evidenza segnalata dal contesto in cui la parabola si colloca: non riusciremo mai a mettere alla prova il Signore, perché il suo pensiero non è contorto, non va in cerca di tranelli mentali o di complicazioni sottili o di problematiche giuridiche, non si adatta a pigrizie e compromessi. Il dottore della legge, che vuole mettere alla prova il Maestro, si ritira in buon ordine, in silenzio, senza poter controbattere alcunché, perché in Gesù il sì è sì e il no è no: il povero è povero e tu sei il suo prossimo! Che cos’altro c’è da sapere nella logica del Regno di Dio e del suo amore per ciascun uomo? Solo questo: «Va’ e anche tu fa’ lo stesso».

La Chiesa è da sempre chiamata a essere “povera e per i poveri”. Papa Francesco ce lo ha ricordato appena dopo la sua elezione. Il Samaritano ha fatto tutto il suo possibile e poi ha consegnato l’uomo ferito all’albergatore: ora samaritano è chiunque vede con il cuore la necessità del bene da farsi e subito si presta con l’azione concreta. E l’albergatore può essere la Chiesa stessa, che spesso ha i mezzi per soccorrere e fa quanto è necessario attraverso la generosità di ogni discepolo del Signore. Dunque il Signore conta su di noi – su tutti e ciascuno – per i suoi poveri! Davvero la carità verso il prossimo svela il suo volto: è amore per Dio.


10 luglio 2013

 
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