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giovedì 24 aprile 2025
 

Referendum e dittatura della minoranza

Caro direttore, vorrei fare qualche considerazione sull’istituto del referendum, che ritengo antisociale da sempre, non da ora che è sorto il problemino della raccolta firme digitale. Anche il vecchio normale sistema permetteva di raccogliere non 500mila firme, ma 5 milioni in meno di una settimana! Tale istituto è vantato tanto perché “democratico”. Le mie considerazioni politicamente scorrette mi fanno considerare prezioso solo il primo di questa Repubblica (1946), che permise la ripresa di questo povero Paese uscito distrutto da una guerra mondiale e in guerra civile (o quasi). Penso che se vi sono problemi, anche solo di natura etica, vanno risolti da una commissione di esperti (super e onesti), non dalla pancia della gggente, che risente anche di un morbido solletico! Non dal referendum, quindi. Già molti anni fa per questa idea sono stato attaccato dai “sacerdoti” della sconcia divinità dei “diritti” e della “libertà” che nuota nell’oceano del relativismo. Voglio ricordare che il quorum vuole solo il 50% degli aventi diritto al voto più uno: di conseguenza per la maggioranza basta il 50% + 1 degli aventi diritto al voto (non di tutti i cittadini), diviso 2 = 25% + 1: questa sarebbe la “maggioranza” per fare vincere il “sì”. Già è difficile sottostare alla dittatura della maggioranza (vera, cioè di tutti), figuriamoci a quella di una piccola minoranza di una parte. Concordo con Marina Casini: «L’autodeterminazione è il paravento che serve a legittimare...».

MARIO GROSSO - Gallarate (Va)

Già Platone sosteneva che solo gli esperti, i sapienti, e cioè i filosfi, dovevano governare, perché senz’altro avrebbero fatto le scelte migliori. Quando provò a mettere in pratica il suo pensiero non gli andò tanto bene. La democrazia, che include anche l’istituto del referendum, nelle sue varie forme, per tanti versi è un sistema di governo imperfetto, ma rimane il migliore di fronte alle derive autoritarie, dittatoriali, che spesso diventano violente. Quanto al referendum, ammettere solo quello del 1946 mi sembra una prova della validità di questo istituto, se viene contenuto nei giusti limiti. Sono d’accordo che la verità non è determinata dalla maggioranza. Ma il vero impegno, anche di noi credenti, non è di demolire il ricorso al referendum, ma di attivarci per una cultura di rispetto della vita, degli ultimi, per una politica che cerchi davvero il bene comune. Un lavoro dal basso, fatto con le parole e con la testimonianza concreta.


12 novembre 2021

 
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