Nell’acclamare Matteo Renzi nuovo segretario del Pd nessuno si è ricordato di menzionare Guglielmo Epifani, il traghettatore di una stagione difficilissima per il Partito Democratico, uscito a brandelli dalla sberla dei 101 a Pierluigi Bersani alle elezioni quirinalizie. Epifani si è mosso salomonicamente, conservando con equidistanza l’equilibrio del partito senza farsi tirare dalla giacchetta. Ma il paradosso è che l’ultimo segretario del Pd pre-Renzi è stato un sindacalista, un ex leader della Cgil. Paradosso? Ma certo, perché da oggi, ufficialmente, Cgil e Partito Democratico sono separati fuori casa, dopo decenni di collateralismo, anzi divorziati definitivamente all'italiana.
Neglla stagione della Prima e della Seconda Repubblica dirigenti della Cgil andavano a sedersi tra gli scranni in Parlamento del Pci, poi Pds, poi Ds, al termine del loro mandato. Le osmosi erano frequenti. C’era una sintonia di fondo nella sinistra. Nel Pd, che raccoglie anche l’eredità della tradizione comunista, non è stato diverso (Epifani ne è un esempio). Oggi invece nel direttivo Cgil non c’è nessun Renziano, la Camusso non è andata nemmeno a votare alle primarie ed è noto che ritiene Renzi, che ha sposato le tesi liberiste del giuslavorista Ichino, più una controparte che un alleato. Curioso destino, ma ormai è fatta. La Camusso dovrà a abituarsi a vivere senza il Pd. E comunque se vuole consigli sulla sua nuova vita di leader di sindacato senza partito può sempre telefonare a Raffaele Bonanni.