Caro direttore, dopo settant’anni di vita costretta sotto il sistema comuni-sta staliniano, in cui la menzogna era totalizzante e tutti ci vivevano dentro fino ad esserne corrosi nel profondo, con Gorbaciov i russi hanno avuto la glasnost (“trasparenza”) e la libertà di parola e di iniziativa. Ma le speranze suscitate dal crollo del comunismo sono state deluse e su questa delusione ha fondato la sua ascesa al potere Putin, che del liberismo capitalista ha preso l’ingordigia senza scrupoli e del comunismo ha tenuto le tecniche di manipolazione del consenso e l’uso della violenza necessaria a mantenerlo, eli-minando anche fisicamente ogni possi-bile dissidenza.
Così il popolo della Federazione Russa (con le tante etnie che la compongono) si trova ancora sotto la dittatura della menzogna. E la Chiesa ortodossa, giustamente orgogliosa dei martiri che non si sono piegati a quella comunista, si trova ad essere guidata da un metropolita che offre alle bugie del nuovo despota il supporto potente della religione: un tradimento del Vangelo. Tutta la nostra solidarietà va al popolo ucraino martirizzato dall’esercito russo invasore. Ma anche il popolo russo merita compassione. MARISA SITTA
Cara Marisa, la guerra continua, i fronti si spostano, le scoperte degli eccidi compiuti dai soldati russi nelle città ucraine si susseguono, le truppe di Putin si ammassano nel Donbass per lanciare l’attacco finale. E l’autocrate di Mosca lancia razzi intercontinentali dimostrativi con grande cancan mediatico per mostrare i muscoli. I negoziati, armi alla mano, vanno avanti (pare) e così i tentativi diplomatici (compresi, a fari spenti, quelli della Santa Sede), così come le sanzioni economiche e l’invio di armi all’Ucraina da parte dei Paesi occidentali.
Tutti noi Russia, il potere assoluto costruito sulla menzogna seguiamo con grande pena quanto succede oltre la vecchia cortina di ferro e ci costringe a un esame di coscienza quotidiano sullo stato del nostro mondo. La negazione del diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero e l’assenza di libertà di stampa in Russia ci dicono quanto questi beni siano preziosi e da apprezzare e mai da dare per scontati. L’arresto di migliaia di manifestanti pacifisti e il divieto per i giornalisti russi di chiamare le cose con il loro nome – imponendo di targare come “operazione militare speciale” quella che è palesemente una guerra – se da un lato, stando ad alcune ricerche demoscopiche almeno apparentemente libere, creano consenso popolare a favore di Putin, dall’altro ci dicono come la libera informazione sia un diritto inalienabile.
L’articolo 21 della nostra Costituzione, che fissa questo diritto a chiare lettere nel nostro ordinamento giuridico, è stato pagato a caro prezzo, come ci ha ricordato la Festa della Liberazione che abbiamo appena celebrato in Italia, e dobbiamo tenercelo ben stretto. E difenderlo sempre strenuamente contro chi vorrebbe imbavagliare la stampa