Soldati dell'esercito israeliano durante un'esercitazione (Reuters).
All'ombra del più mediatico dibattito sul nucleare iraniano, si svolge in Israele un'altra discussione, in un certo senso persino più sostanziale: tagliare o no le forze armate, la mitica IDF (Israel Defense Force: 186 mila effettivi e circa mezzo milione di riservisti, secondo dati vecchi di qualche anno) che, oltre a essere uno degli eserciti più preparati ed efficienti del mondo, è uno dei simboli del Paese, della sua capacità di andare in guerra, della sua resistenza alle aggressioni?
Tutto nasce dal Rapporto Locker, dal nome di Yonahan Locker, ex alto ufficiale dell'Idf ed ex consigliere militare del premier Netanyahu. Locker è stato incaricato di presiedere una speciale commissione per studiare la razionalizzazione del bilancio dell'esercito. Il risultato è, appunto, un rapporto lungo 77 pagine che contiene 53 raccomandazioni al Governo.
Eccone alcune:
- taglio dell'11% degli effettivi dell'esercito entro il 2017 (i vertici dell'Idf avevano proposto un taglio del 30% ma spalmato su molti più anni e calcolando il minor numero futuro di giovani per la leva);
- riduzione del periodo di leva da 32 a 24 mesi;
- aumento dell'età pensionabile per certe categorie di ufficiali, da 47 a 50 anni;
- eliminazione delle cosiddette "pensioni ponte" per gli ufficiali usciti dal servizio attivo.
Quest'ultimo punto merita una spiegazione: gli ufficiali che lasciano il servizio attivo (oggi, appunto, a 47 anni; fino a poco tempo fa a 42) godono di un vitalizio fino al raggiungimento della pensione vera e propria ("ponte", appunto). Il che vuol dire che molti di loro prendono una somma mensile dall'esercito fino al compimento dei 67 anni. Con un costo notevole per le casse dello Stato. La Commissione presieduta da Locker propone di eliminare tali "pensioni ponte" e dare agli ufficiali che si congedano solo una somma una tantum. Una misura, come si può capire, non proprio popolare.
A fronte dei tagli (il risparmio prospettato è pari a poco meno di 2,5 miliardi di euro), la Commissione ha proposto di innalzare il bilancio della Difesa fino a 14 miliardi di euro per i prossimi quatto anni, record storico. Invano, perché il ministro della Difesa Ya'alon, dopo aver dato all'ex ufficiale Locker e alla Commissione dell'incompetente ("Una totale incomprensione delle esigenze dell'esercito"), ha detto che il bilancio della Difesa dev'essere come minimo portato a 15,5 miliardi.
Ora la decisione è nelle mani del premier Netanyahu. Molto più che una patata bollente per un Governo che in Parlamento ha una maggioranza di 61 a 59 e non può permettersi di scontentare nessun ministro, se non vuol rischiare di andare a nuove elezioni. Ovviamente, al di là dei destini del Governo, il dibattito ha molti altri risvolti. Ci sono scelte strategiche da fare (privilegiare, con i fondi, i moderni strumenti di guerra come Iron Dome, lo scudo che ha ben protetto gli israeliani dai razzi di Hamas, oppure tenere in servizio molti uomini che servono anche a gestire i territori occupati e a proteggere gli insediamenti?) e considerazioni generali da tenere in conto: ridurre la leva e il numero dei soldati come si concilia con l'idea di un Paese in perenne pericolo?