Se cercate un bel romanzo per l'estate, leggete Non siamo più noi stessi di Matthew Thomas (Neri Pozza). Non aspettatevi però facile intrattenimento, ma preparatevi a lacrime e commozione, quelle che solo la vita vera può dare.
Eileen Tumulty è figlia di immigrati irlandesi. Vive col padre e la madre negli Stati Uniti, nel cuore del sogno americano. Che per lei resta un sogno proibito: la vita non è facile, è necessario subaffittare una stanza per sbarcare il lunario, ma tutto è destinato a peggiorare quando, dopo un aborto spontaneo, la madre perde un bambino e si rifugia nell'alcolismo. Pur rispettato dalla gente, il padre ha il vizio del gioco e non riesce a dare equilibrio alla famiglia. Tocca a lei, Eileen, farsi carico dei suoi genitori. E' in questi anni, duri e faticosi, che matura nella ragazza il desiderio di una vita felice, il sogno di un benessere e una serenità che, ora, le sono sconosciuti.
Tenace e determinata, salva in qualche modo la madre e riesce a studiare: le condizioni economiche non le permettono di laurearsi, ma diventa infermiera e, passo dopo passo, riesce a diventare responsabile nelle strutture ospedaliere in cui lavora. Finalmente, un giorno, incontro l'uomo della sua vita: Ed Leary, ragazzo con un passato non diverso dal suo, scienziato con una grande passione per la ricerca, che studia instancabilmente gli effetti degli psicofarmaci sul cervello.
Il sogno di Eileen sembra insomma prendere forma: il lavoro, un marito... Per completarlo manca un figlio: la coppia lo cerca a lungo e, quando ormai ci ha rinunciato, ecco arrivare Connell. La corsa verso un destino migliore prevede ora la ricerca di una maggiore agiatezza economica, di un benessere anche materiale. Ed, però, rinuncia a una serie di incarichi prestigiosi che gli avrebbero garantito entrate maggiori. Sembra interessato, quasi in maniera ossessiva, solo alla ricerca e all'insegnamento.
Nemmeno l'ambizione di vivere in una casa e in quartiere migliori lo toccano, ma Eileen non si dà per vita e da sola, di nascosto dal marito, comincia a visionare una serie di case. A un certo punto, anche Ed accetterà il progetto di una nuova casa e la famiglia si trasferirà in una villetta con il parco.
Ora non manca nulla: il lavoro, la famiglia, la casa... La sorte però segue il suo percorso, non tiene conto né dei sogni né dei meriti delle persone. Stanca di sopportare una lunga serie di stranezze del marito, Eileen lo costringe a sottoporsi a una visita, da cui emergerà che ha l'Alzheimer, nonostante l'età ancora giovane.
Risulta difficile a chi scrive restituire l'intensità e anche la poesia, la struggente poesia, con cui l'autore dipinge la vita di Eileen e della sua famiglia. Provo a farlo accennando ad alcuni episodi, che resteranno impressi nella vostra mente.
Uno di questi è la descrizione della ricerca di una nuova casa da parte della protagonista, incarnazione della sua volontà di riscatto e di felicità. Dapprima mente all'agente immobiliare sulla sua reale capacità di spesa e visita alcune abitazioni di lusso, in cui lascia vagare la sua fantasia. Poi rivela la verità, accosta il sogno alla realtà, e trova finalmente una casa che, con un mutuo piuttosto impegnativo, è alla sua portata. Sono belle queste pagine in cui la donna prova, per un po', a toccare il cielo, per poi avvicinarlo alla terra e rendere realizzabile la sua ambizione.
Fra i tanti capitoli che raccontano la malattia di Ed e come Eileen non smetta di amarlo, mi ha colpito quello in cui, quando lo stato di salute del marito non era ancora chiaro, lei lo aiuta a redigere le pagelle degli studenti. Improvvisamente Ed non riesce più a svolgere un'operazione in apparenza semplice, va in crisi, diventa matto. Allora lei scende dal letto, lo raggiunge, lo aiuta a compilare le caselle una per una, a inserire tutti i numeri, finché, esausti, marito e moglie tornano a letto e si amano. C'è una dolcezza senza fine nel modo in cui Eileen sta accanto ad Ed.
Ed, neurologo dedito alla ricerca, sapeva cosa gli stava succedendo? Sapeva che una malattia vile e incurabile gli stava portando via la vita? Sì, lo sapeva. Ed Eileen ne è consapevole: allora tutte quelle stranezze del suo compagno, quel suo accanirsi su dei lavori come se fossero una questione di vita o di morte, assumono un significato diverso, acquistano una luce diversa. Ed sapeva e ha fatto di tutto, in una partita a scacchi in cui non poteva che perdere, per ritardare la resa e restare acanto alla sua donna e a suo figlio. Come dirà il medico, Ed aveva messo in campo uno sforzo disumano per controllare il morbo. Per amore della sua famiglia.
Altro episodio memorabile è quello in cui il figlio Connell, all'insaputa della madre, va a prendere il padre alla casa di cura e lo porta a casa nel bel mezzo di una festa di Natale. Eileen ha tentato in tutti i modi di tenere Ed in casa con sé, ma, allorché si accorge di non essere più in grado di farlo, col rischio che il marito, a casa da solo, si faccia del male, si rassegna a farlo entrare in una casa di cura. Dopo tanta fatica e solitudine, la donna ha forse un momento di comprensibile desiderio di riprendersi la sua vita. L'irruzione del marito in carrozzina, spinto dal figlio, la indurrà a capire che il suo posto è - per sempre - accanto a quello del marito.
La pagina e mezza che funge da prologo, come pure la lettera che Ed lascerà al figlio come testamento spirituale, valgono da sole la lettura.
Non siamo più noi stessi è un romanzo affascinante, complesso, delicato e profondo. Sebbene sia al suo esordio, Matthew Thomas sa scandagliare il cuore e la mente dei suoi personaggi come uno scrittore consumato. Straordinaria è la sua descrizione dei sintomi dell'Alzheimer.
Potente ritratto femminile, racconto di una coppia che affronta una malattia crudele, saga famigliare, indagine struggente sull'Alzheimer, testimonianza di come il sogno americano non faccia sconti a nessuno... Questo libro è tutto questo. E' un bellissimo romanzo, da non lasciarsi sfuggire.