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sabato 14 settembre 2024
 

Senza informazione libera la democrazia è in pericolo

Gentile direttore,

apprezzo il vostro giornale, che acquisto in edicola per mia madre e a cui do un’occhiata anch’io nel fine settimana. Da insegnante di italiano a contatto quotidiano con gli studenti mi chiedo che fine stia facendo l’informazione libera.

Giornalisti che vengono minacciati e picchiati durante il loro lavoro, edicole che chiudono, sempre meno editori “puri”. A completare il quadro quel fenomeno che viene chiamato “disintermediazione”, con il rischio del moltiplicarsi attraverso internet e i canali social di fake news. E con l’Intelligenza artificiale all’orizzonte il quadro è completo.

Ho paura perché i miei ragazzi, che già non sono molto interessati alle notizie di attualità (anche il vecchio Tg, questo sconosciuto…), si fidano della prima cosa che leggono. Che fine farà la nostra democrazia e la nostra convivenza in tutta questa confusione?

GIANMARIO

Caro Gianmario,

la libera stampa è una delle precondizioni della vita democratica di un Paese. Il presidente Mattarella, nel suo discorso del Ventaglio del 24 luglio scorso, ha spiegato che «ogni atto rivolto contro la libera informazione, ogni sua riduzione a fake news, è un atto eversivo rivolto contro la Repubblica». Senza libera stampa, niente democrazia, come attesta l’articolo 21 della Costituzione che, sulla scorta dell’esperienza autoritaria fascista, nel 1948 mise i presupposti per garantire la libertà di espressione e la tutela della stampa, che «non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure».

Lo vediamo – a contrario – dove vige la dittatura: in Russia, Bielorussia, Cina, Iran, Corea del Nord, ecc. (oltre il 40% della popolazione mondiale vive in Stati autoritari…) esiste solo il giornalismo di regime. Passano, cioè, solo le notizie filtrate dalla censura, impedendo così il pubblico dibattito.

Ora l’Italia, che per fortuna è un Paese libero e democratico, nell’ultimo Rapporto sulla libertà di stampa di Reporters sans frontières risulta però solo al 46° posto nel mondo. Una criticità sono le continue aggressioni fisiche e verbali, le minacce di morte e le altre forme di intimidazione contro i giornalisti, come mostra il recente caso di violenza ai danni di Andrea Joly della Stampa, vittima di una brutale aggressione a Torino da parte di militanti di CasaPound mentre documentava un loro raduno. Nei primi sei mesi del 2024 si sono verificati ben 75 incidenti più o meno gravi di questo genere.

Ricordo anche che alla fine di luglio l’Italia ha ricevuto dalla Commissione europea il consueto Rapporto annuale sulla situazione dello stato di diritto e sulla libertà di stampa. Sotto osservazione la riforma giudiziaria del ministro Nordio, la “norma Costa” sul divieto di divulgazione degli atti giudiziari (cioè il divieto di rendere pubblico il testo delle ordinanze di custodia cautelare, limitando così il diritto di cronaca), la situazione della Rai alla vigilia delle nomine dei suoi vertici, l’assenza di una disciplina sul conflitto di interessi e i mancati provvedimenti a favore della libertà di stampa, soprattutto per arginare l’abuso di denunce, spesso temerarie e a scopo intimidatorio, di politici e persone influenti contro i giornalisti che, specialmente se meno garantiti a livello economico come i free lance, rischiano di dissuaderli dall’esercizio pieno della loro funzione di controllo e denuncia, tipica del giornalismo indipendente.

Le lamentele espresse dalla premier Meloni su quel Rapporto sembrano cadere nell’antico vizio del vittimismo, soprattutto di fronte a organi sovranazionali che, nelle loro procedure, sono estremamente garantisti (ascoltano, cioè, tutte le parti in causa).

Ma i problemi del mercato dell’informazione in questo tempo di transizione globale sono anche altri. Alcuni li citi tu: la disintermediazione, cioè il fatto che la notizia conosce sempre meno la mediazione di un professionista dell’informazione e, quindi, di una testata, che tradizionalmente ha un rapporto di fiducia col suo pubblico sulla base della credibilità sua e delle fonti a cui accede per fornire le notizie. Il giornalista stesso è garanzia quanto a veridicità e verifica delle fonti, fattore importante per evitare le fake news, cioè l’alterazione delle notizie da parte di chi – blogger, influencer, individui che si celano dietro a canali soggetti a potenze straniere e, più in generale, chiunque abbia un collegamento internet e un profilo social – non hanno la stessa formazione e, soprattutto, il controllo di un ordine professionale, come appunto i giornalisti.

Le notizie, come ogni altro bene immateriale, costano. Se ci arriva gratis qualcun altro avrà pagato quel servizio per noi. E allora dobbiamo farci qualche domanda.

Altri fattori sono la scarsa presenza di “editori puri” (cioè non in mano a gruppi di pressione o industriali, come ad esempio è l’editore di Famiglia Cristiana, la Società San Paolo, una Congregazione religiosa con fini missionari nel campo dell’informazione), la folta presenza di giornalisti non indipendenti (molti sono quelli che vanno in Tv in qualità di opinionisti di parte o che si danno alla vita politica), il fatto che in generale si legge e ci si informa sempre meno.

Fenomeno, questo, che riguarda i giovani ma anche gli adulti. Un Paese disinformato è un Paese fragile, indifeso rispetto a narrazioni tendenziose, complottismi e populismi. Un Paese disinformato non ha in sé gli anticorpi contro le tendenze antidemocratiche, che purtroppo si stanno estendendo in tutto il mondo (un esempio per tutti, l’attacco a Capitol Hill il 6 gennaio 2021).

La missione che hai tu, caro Gianmario, con tutti i tuoi colleghi insegnanti, è quello di sensibilizzare i giovani sul loro diritto-dovere di informarsi. Il mondo fra poco sarà in mano dei tuoi ragazzi. Cosa ne faranno dipenderà molto da quanto saranno formati a essere protagonisti attivi e competenti della vita del loro Paese, da protagonisti e non da gregari. Non accada mai che, nell’ignavia generale, un giorno ci ritroviamo, quasi alla chetichella e senza accorgercene, come quel giorno di fine ottobre del 1922, quando iniziò un’avventura che avrebbe portato l’Italia alla rovina.


08 agosto 2024

 
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