di SERGIO ASTORI, psichiatra e psicoterapeuta
Ho incontrato un vescovo in una soffocante giornata estiva. Passavo sotto l’episcopio e il suo segretario, con il quale ho scambiato due parole, mi ha detto che Sua Eccellenza aveva avuto un serio problema di salute. Mi sono stupito quando, dopo pochi minuti, è arrivato l’invito a bere un caffè insieme. Quell’uomo convalescente mi è venuto incontro, mi ha accolto in un luogo profumato e mi ha fatto trovare dell’acqua fresca. Così ho riconosciuto i tratti di una persona capace di accogliere la storia delle altre persone e ho visto il volto di chi sa fare pulizia dentro il proprio cuore. Non mi ha accolto pronunciando parole di circostanza oppure invadendomi con l’implicita richiesta che fosse data importanza alla sua figura. Invece mi ha fatto trovare circondato da autentica amorevolezza; è questo l’atteggiamento di chi sa fare i conti con le sue ombre. Tutti ne abbiamo.
Quel giorno un cuore autentico ha rivelato tenerezza mettendo il suo ospite a proprio agio. In quel momento, le candele profumate hanno smesso di essere degli oggetti decorativi. Le fiamme accese mostravano già il tono e la direzione che avrebbe potuto prendere il colloquio: quella di una luce calda che illumina l’altro e indica l’alto.
Così nascono le parole buone della comunicazione: dalla meraviglia, con la premura, nella gentilezza. Le parole buone della comunicazione elevano sia chi le pronuncia sia colui che le sente risuonare. Parlano dell’umiltà di chi non dice tutto ciò che pensa, ma pensa tutto ciò che dice. Testimoniano l’autenticità e l’autorevolezza del loro autore, di quanto questi sappia riconoscere e curare le malattie che inaridiscono la relazione. Il Santo Padre ne menziona due molto severe: l’indifferenza e l’indignazione.
Come si potrà sentire nel proprio cuore il palpito altrui, se siamo troppo pieni di noi stessi e risultiamo incapaci di lasciare spazio a pensieri divergenti dal nostro? Come si riuscirà ad armonizzare la comunicazione con gli altri, se siamo insensibili alle richieste di attenzione di chi non condivide le nostre convinzioni?
Una buona comunicazione si crea quando ci impegniamo a superare il rumore indistinto che rende sordo e inospitale il nostro cuore. Quel rumore può essere tanto fuori quanto dentro di noi e, quando prevale, rende inospitale il nostro cuore agli altri ma anche a noi stessi! La buona abitudine a governare la nostra interiorità perché da lì sgorghi il bene, ci è ricordata da san Luca con l’espressione «la bocca esprime ciò che dal cuore sovrabbonda» (Lc 6,45). Quattro capitoli prima di questo versetto, l’Evangelista afferma che possono esistere cuori disposti a salvaguardare: «Maria custodiva tutte queste cose meditandole nel suo cuore» (Lc 2,19). Io immagino un cuore che sa curare come un portagioie che protegge ciò che nasconde, ma che si apre per far uscire le meraviglie che custodisce quando si deve celebrare una festa.
- Articolo tratto da PAGINE APERTE, speciale Settimana della Comunicazione
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