di GIANLUIGI BALLARANI, docente in Digital Marketing & Crypto Strategies, Università di Pavia
Nella vita quotidiana, l’Intelligenza Artificiale (AI) si manifesta in modi che spesso sfuggono alla nostra attenzione, da sistemi di raccomandazione personalizzati a innovazioni mediche. Questa presenza silenziosa, tuttavia, è avvolta da una nebbia di miti e misconcetti.
Ma cos’è l’AI, veramente? Immaginate un artigiano, guidato non dalla passione ma da algoritmi, che esegue compiti con precisione inumana.
Questo è l’essere dell’AI: una forza che elabora dati e “apprende”, senza però possedere il soffio vitale del pensiero o dell’emozione umana. Con in mente quest’idea, proviamo a vedere e decifrare i miti più popolari sull’AI.
Mito 1: L’AI come nostro Doppelgänger digitale.
Contrariamente alla credenza popolare, l’AI non possiede una mente o un cuore. È incapace di “pensare” come noi; le sue “decisioni” sono il risultato di calcoli, non di riflessioni consapevoli.
Mito 2: Il futuro del lavoro sotto l’ombra dell’AI.
La paura che l’AI cancelli il lavoro umano ignora il corso della storia, dove ogni rivoluzione tecnologica ha trasformato piuttosto che eradicato l’impiego. L’AI ci invita a reimmaginare il lavoro, non a temere la sua fine.
Mito 3: L’infallibilità dell’AI.
L’AI, come un eco dei suoi creatori, porta i segni dei nostri pregiudizi. Gli errori non sono solo possibili ma inevitabili, richiamandoci alla necessità di un’etica digitale.
Mito 4: L’AI e l’obsolescenza umana.
Il timore che l’AI possa rendere l’uomo obsoleto trascura la nostra intrinseca capacità di creare, amare e sognare. L’AI può eseguire compiti, ma non vivere vite.
Passando dai miti alle promesse, l’AI, più che un avversario, è un catalizzatore per l’espansione dei nostri orizzonti intellettuali e creativi. Potremmo immaginare scenari futuri, come nella visionaria letteratura di Asimov, dove l’AI non solo assiste l’umanità ma la spinge verso nuove frontiere della conoscenza e dell’esplorazione interstellare. Qui l’AI diventa un compagno di viaggio nel nostro percorso verso la comprensione dell’universo.
Mentre navighiamo in questi nuovi mari tecnologici, dobbiamo chiederci: che tipo di futuro vogliamo costruire?
Pensando al film Blade Runner, riflettiamo sulla sfida di definire l’umanità in un’epoca di avanzamenti senza precedenti. Quest’opera esplora la sottile linea tra umani e macchine, spingendoci a considerare cosa significhi veramente essere vivi. Analogamente, pellicole come Ex Machina ci invitano a esaminare i confini tra creatore e creatura, sollevando questioni di etica e ambizione nel contesto dell’AI.
L’Intelligenza Artificiale, lontana dall’essere un’entità onnisciente, è uno specchio delle nostre più grandi speranze e paure. La vera domanda non è se l’AI possa emulare l’umanità, ma come possiamo utilizzare l’AI per arricchire la tessitura della nostra esistenza. In questo dialogo tra uomo e macchina, il futuro si dipana non come una narrativa di dominio o sottomissione, ma come una sinfonia di collaborazione.
- Articolo tratto da PAGINE APERTE, speciale Settimana della Comunicazione
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