Nella cartina elaborata dalla Bbc, i siti per la produzione e lo stoccaggio di armi chimiche in siria.
L'annuncio è arrivato da Jerry Smith, il capo degli ispettori mandati in Siria Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OpcW) dopo l'accordo internazionale per neutralizzare l'arsenale chimoco di Bashar al Assad. "Ho personalmente controllato la distruzione di tutti gli impianti", ha detto Smith: "non sono più in grado (il regime siriano, n.d.r) di produrre o elaborare armi chimiche".
Gli ispettori dell'Opcw (organizzazione che ha avuto l'ultimo Premio Nobel per la Pace) sono stati in 21 dei 23 siti siriani per la produzione di armi chimiche. I due siti mancanti si trovano in zone troppo pericolose, ma proprio per l'avvicinarsi dei combattimenti i macchinari erano già stati spostati.
Si tratta di un bel passo avanti ma il problema è lungi dall'essere risolto. L'esercito siriano dispone, a quanto si sa, di circa mille tonnellate di gas nervino e altre micidiali sostanze, disperse in una dozzina di magazzini. Bisognerà, in sostanza, distruggere le armi già prodotte, e prima ancora censirle e trovarle tutte, prima che vengano eventualmente impiegate. Non è poca cosa.
E soprattutto non va dimenticata una cosa: gli stessi Usa, che volevano intervenire in Siria, hanno attribuito alle armi chimiche di Assad circa 1.500 morti. Ma in due anni e mezzo di guerra civile, in Siria sono morte più di 100 mila persone e gli scontri hanno prodotto 2 milioni di rifugiati (siriani scappati nei Paesi confinanti) e 4,5 milioni di profughi (siriani che si sono spostati all'interno del Paese). Nella tragedia, le armi chimiche sono state finora solo un'aggravante, non la causa e nemmeno l'elemento principale. Speriamo quindi che l'intervento per neutralizzare i gas non sia solo una scusa per tornare al disinteresse di prima, quando i siriani morivano ma, poiché avveniva con armi tradizionali, a nessuno sembrava cosa grave.