Antefatto: Una ragazza di 16 anni denuncia molestie sessuali da parte di un gruppetto di compagni di scuola, le indagini sono in corso.
Il Tribunale per minorenni competente accerterà i contorni della vicenda. Ma, al di là dell’esito giudiziario, dà da pensare la reazione di molti coetanei, compagni di scuola compresi, (ragazzi e ragazze) via sms e sui social network. E’ emblematica di un sentire. Alla ragazza scrivono: “sei un’infame”, “li hai rovinati”.
Tempo fa questo genere di sostegno morale agli accusati era considerato tipico di certi contesti mafiosi e la taccia di “infame” al cittadino che ricorreva alla magistratura per ottenere giustizia anziché subire, - o se parte di altro clan provvedere a vendicarsi - era considerata una forma di intimidazione tipica di situazioni con omertà diffusa.
Oggi pare che la pensino così molti giovanissimi – lo notano nei Tribunali per minorenni – in contesti in apparenza neutri.
Se non è troppo tardi, forse è venuto il momento per noi adulti di fare autocritica, di chiederci quali esempi di cittadinanza e di relazioni abbiamo dato, in questi anni, se i figli adolescenti della cosiddetta società civile faticano a distinguere tra una denuncia e una delazione, tra uno “scherzo” e un sopruso. E soprattutto, se, quando devono immedesimarsi negli attori sulla scena di un abuso, solidarizzano con chi è sospettato di prevaricare, anziché provare empatia con chi chiede giustizia per non subire.
Ps. Si sente dire in questi giorni che il ministero cruciale del nuovo Governo sarà l’economia e se l’Istruzione non fosse da meno?
Il Tribunale per minorenni competente accerterà i contorni della vicenda. Ma, al di là dell’esito giudiziario, dà da pensare la reazione di molti coetanei, compagni di scuola compresi, (ragazzi e ragazze) via sms e sui social network. E’ emblematica di un sentire. Alla ragazza scrivono: “sei un’infame”, “li hai rovinati”.
Tempo fa questo genere di sostegno morale agli accusati era considerato tipico di certi contesti mafiosi e la taccia di “infame” al cittadino che ricorreva alla magistratura per ottenere giustizia anziché subire, - o se parte di altro clan provvedere a vendicarsi - era considerata una forma di intimidazione tipica di situazioni con omertà diffusa.
Oggi pare che la pensino così molti giovanissimi – lo notano nei Tribunali per minorenni – in contesti in apparenza neutri.
Se non è troppo tardi, forse è venuto il momento per noi adulti di fare autocritica, di chiederci quali esempi di cittadinanza e di relazioni abbiamo dato, in questi anni, se i figli adolescenti della cosiddetta società civile faticano a distinguere tra una denuncia e una delazione, tra uno “scherzo” e un sopruso. E soprattutto, se, quando devono immedesimarsi negli attori sulla scena di un abuso, solidarizzano con chi è sospettato di prevaricare, anziché provare empatia con chi chiede giustizia per non subire.
Ps. Si sente dire in questi giorni che il ministero cruciale del nuovo Governo sarà l’economia e se l’Istruzione non fosse da meno?




