«La Costituzione, vedete, è l’affermazione scritta in questi articoli, che dal punto di vista letterario non sono belli, ma è l’affermazione solenne della solidarietà sociale, della solidarietà umana, della sorte comune, che se va a fondo, va a fondo per tutti questo bastimento. È la carta della propria libertà, la carta per ciascuno di noi della propria dignità d’uomo.
Io mi ricordo le prime elezioni dopo la caduta del fascismo, il 2 giugno 1946: questo popolo che da 25 anni non aveva goduto le libertà civili e politiche, la prima volta che andò a votare dopo un periodo di orrori – il caos, la guerra civile, le lotte, le guerre, gli incendi. Ricordo – io ero a Firenze, lo stesso è capitato qui – queste file di gente disciplinata davanti alle sezioni, disciplinata e lieta perché avevano la sensazione di aver ritrovato la propria dignità, questo dare il voto, questo portare la propria opinione per contribuire a creare questa opinione della comunità, questo essere padroni di noi, del proprio Paese, del nostro paese, della nostra patria, della nostra terra, disporre noi delle nostre sorti, delle sorti del nostro Paese.
Quindi, voi giovani alla Costituzione dovete dare il vostro spirito, la vostra gioventú, farla vivere, sentirla come cosa vostra, metterci dentro il senso civico, la coscienza civica, rendersi conto – questa è una delle gioie della vita – rendersi conto che ognuno di noi nel mondo non è solo, che siamo in piú, che siamo parte di un tutto, nei limiti dell’Italia e nel mondo». (Piero Calamandrei, Trascrizione dal Discorso agli studenti milanesi, Società Umanitaria, 1955).
Chissà se hanno mai sentito questo discorso i signori che oggi in Senato, col pretesto di riformare la Costituzione, hanno inscenato l'indegna gazzarra di insulti, urla e gesti osceni cui abbiamo assistito. Chissà se hanno mai sentito nominare Piero Calamandrei. Chissà se hanno una vaga idea del fatto che l'immagine che hanno dato di sé è l'esatto contrario del senso civico, della coscienza civica, del rendersi conto.