Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
martedì 22 aprile 2025
 

Tomba del Patriarca: la scintilla del jihad

Betlemme
Dal nostro inviato


Quando centinaia di palestinesi, quasi tutti giovani o giovanissimi, hanno scagliato le loro molotov contro la Tomba del patriarca Giuseppe, figlio di Giacobbe, a Nablus, scatenando le fiamme che hanno quasi distrutto il luogo sacro a cristiani, ebrei e musulmani, si è avuta la prova quasi scientifica che il controllo di Abu Mazen sulla Cisgiordania è ormai posticcio e che è ormai sempre più Hamas a dettare i tempi e i modi di questa intifada che nessuno vuole chiamare intifada eppure lo è.

Non è la prima volta che la Tomba subisce questa sorte. Già nell'ottobre del 2000, ai tempi di un'altra intifada, era stata messa a fuoco dai palestinesi in furia. L'attacco di ieri, peraltro, non è avvenuto di sorpresa: Hamas, da Gaza, alla vigilia del venerdì delle preghiere, aveva incitato i palestinesi a una "giornata della rabbia e della protesta", e la risposta è dunque arrivata puntuale. Abu Mazen ha cercato, come si sarebbe detto una volta, di non farsi "scavalcare a sinistra" yenendo in diretta Tv un discorso non meno duro, con l'unico risultato di sembrare una volta di più gregario e di versare altra benzina sul fuoco.

E' interessante il parallelo con l'intifada e con l'attacco del 2000. Quindici anni fa, il rogo della Tomba del patriarca Giuseppe aveva fatto da prologo a una serie di incidenti a Gerusalemme, presso la Porta del Leone e la spianata delle moschee, da cui le forze dell'ordine e l'esercito di Israele avevano deciso di tenersi lontani per non incrementare gli scontri. Adesso è successo il contrario: gli scontri presso la Spianata delle Moschee a Gerusalemme delle scorse settimane rischiano di innescare altre battaglie per i luoghi cari alle tre religioni. E mentre scrivo queste righe, a Betlemme, presso la Tomba di Rachele e il Muro (o barriera di separazione), sono in corso gli scontri tra i ragazzi palestinesi con le molotov e i sassi e i soldati di Israele a presidio della barriera, in una nube di gas lacrimogeni.

Il che testimonia del fatto che ad alimentare questa terza intifada, oltre ai reciproci rancori, alle frustrazioni dell'uno e dell'altro fronte e all'eterna contesa per la terra, sta giocando un ruolo importante il fattore religioso. Una variabile ben più difficile da controllare della solita, e pur feroce, lotta politica. La domanda è: se l'intifada diventasse jihad? Se la rivolta si trasformasse in guerra santa? Quella "jihad per Gerusalemme" di cui parla Ismail Hanyeh, il primo ministro di Hamas per Gaza? La saldatura tra i Movimenti islamici di Nord e Sud Israele con le frange più dure ed estremiste dei palestinesi di Gaza e dei Territori, proprio in nome di un islam a sua volta sempre più radicale, è ciò che gli israeliani temono di più.

Ed è anche ciò che più temono i palestinesi moderati. Tra quelli in crisi di credibilità e rappresentanza, infatti, c'è anche la Lista Araba Unita, creata all'inizio dell'anno dai partiti arabi entrati in Parlamento per rispondere alla politica oltranzista del Governo Netanyahu. Schiacciata tra l'incudine del richiamo islamista-insurrezionista e l'impossibilità di cambiare la situazione in modo legalitario, la Lista si sta sfrangiando. E anche questo è un rischio grosso.









 

Questi e altri temi di esteri anche su fulvioscaglione.com

16 ottobre 2015

I vostri commenti
4

Stai visualizzando  dei 4 commenti

    Vedi altri 20 commenti
    Policy sulla pubblicazione dei commenti
    I commenti del sito di Famiglia Cristiana sono premoderati. E non saranno pubblicati qualora:

    • - contengano contenuti ingiuriosi, calunniosi, pornografici verso le persone di cui si parla
    • - siano discriminatori o incitino alla violenza in termini razziali, di genere, di religione, di disabilità
    • - contengano offese all’autore di un articolo o alla testata in generale
    • - la firma sia palesemente una appropriazione di identità altrui (personaggi famosi o di Chiesa)
    • - quando sia offensivo o irrispettoso di un altro lettore o di un suo commento

    Ogni commento lascia la responsabilità individuale in capo a chi lo ha esteso. L’editore si riserva il diritto di cancellare i messaggi che, anche in seguito a una prima pubblicazione, appaiano  - a suo insindacabile giudizio - inaccettabili per la linea editoriale del sito o lesivi della dignità delle persone.
     
    Pubblicità
    Edicola San Paolo