Per i cristiani della Siria, e per tutti
i siriani, è stata una buona Pasqua.
Ma nulla più. La tregua si è sfaldata
e le trattative di Ginevra si sono
arenate. I bombardamenti sono
ripresi, da un lato e dall’altro,
anche su obiettivi civili.
E la città martire di Aleppo, che
sembrava vicina a essere liberata
dagli attacchi delle formazioni
islamiste, ha ricominciato a vivere
l’incubo in cui è immersa da tre anni.
Per due giorni la città ha riavuto
l’energia elettrica, quasi un miracolo.
E comunque sembra farsi un poco
meno pressante l’emergenza
acqua, uno dei bisogni su cui si è
concentrata la nostra campagna.
Per quanto la situazione sul campo
di battaglia sia difficile da decifrare,
e siano sempre attive e pericolose
milizie come quelle di Al Nusra e
dell’Isis che formalmente nessuno
riconosce, sembra esserci un filo
diretto tra l’andamento
dei colloqui di pace di Ginevra,
svolti sotto l’egida dell’Onu
e con la mediazione di Russia e Usa,
e la violenza degli scontri in Siria
e in Iraq. La tregua è diventata
più fragile quando i colloqui sono
stati sospesi. Le battaglie sono
riprese quando la distanza tra
le parti si è allargata.
È un brutto segno, che lascia però
un margine alla speranza.
Forse è possibile anche immaginare
il contrario. E cioè, che la situazione
sul campo migliori se i colloqui di
pace daranno frutto. Bisogna quindi
insistere in questo senso.
E la diplomazia delle grandi potenze
e dell’Onu deve accettare
le proprie responsabilità.