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mercoledì 14 maggio 2025
 

Turchia, Erdogan vince ancora

Il premier turco Erdogan festeggia la vittoria elettorale con la moglie Emine (Reuters).
Il premier turco Erdogan festeggia la vittoria elettorale con la moglie Emine (Reuters).

Non sono bastati i giorni di Ghezi Park, le accuse di corruzione, la sempre più evidente vocazione autoritaria. Erdogan ha vinto ancora e il suo Partito per la Giustizia e lo Sviluppo ha sbaragliato tutti nelle elezioni amministrative, tenendo agevolmente Istanbul (la capitale dove vive un quinto dei quasi 53 milioni di turchi aventi diritto di voto) e ripetendo quasi pari pari le percentuali record ottenute nel 2011.

Non è una vittoria ma un trionfo per un politico che, prima di questo voto, sembrava in grande difficoltà. I turchi, a quanto pare, hanno la memoria lunga e non hanno dimenticato che negli undici anni di premierato di Erdogan la Turchia è passata dall'essere un Paese in eterno sviluppo al rango di potenza a cavallo tra Europa e Asia, senza lasciare troppo spazio all'islamismo estremo che invece domina in Paesi vicini.

Se il sostegno popolare non manca, qualcosa si è però spezzato nel sistema di potere con cui Erdogan in questi anni ha ridimensionato il peso degli apparati militari e garantito, in un modo o nell'altro, stabilità alla Turchia. La dimostrazione più evidente sta nel contrasto tra il premier e colui che fu il suo mentore agli inizi della carriera: Fetullah Gulen, 72 anni, dal 1999 in volontario esilio negli Usa.

Gulen, che ha fondato il movimento Hizmet (Servizio) e ha creato in molti Paesi una rete imponente di scuole, è diventato col tempo una potenza dell'islam (i suoi lo chiamano "Il Maestro") e dell'economia, grazie anche alla rete dei suoi ex alunni. Nei media e nella finanza, in Turchia e non solo, la sua parola conta molto. Nel 2000 Gulen fu messo sotto processo dai militari per "complotto", nel 2008 Erdogan, nel frattempo salito al potere, lo fece prosciogliere da ogni accusa.
 
Eppure, qualche mese prima di questo voto, è stato proprio il movimento di Gulen a fare da amplificatore alle accuse di corruzione contro Erdogan e a cercare chiaramente di screditarlo. Perché? Che cosa ha rovinato la vecchia amicizia? Questa domanda peserà sul futuro prossimo della Turchia. Erdogan, inebriato dalla vittoria, ha giurato vendetta. Viene però il sospetto che Gulen abbia sponsor importanti. Perché gli Usa dovrebbero custodire con tanta cura un ricco e potente islamista come lui?

Viene in mente che negli ultimi tempi Erdogan si è mosso in modo molto autonomo sulla scena internazionale: ha conteso all'Arabia Saudita il primato nel Medio Oriente sunnita, è in contrasto con Israele, va d'accordo con l'Iran, sulla Siria fa di testa propria. Tanta intraprendenza, forse, dispiace a qualcuno. 

 

Questi e altri temi di esteri anche su fulvioscaglione.com

01 aprile 2014

 
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