Walter Veltroni sceglie di raccontare delle storie italiane per recuperare una memoria utile a pensare il futuro. Poteva scegliere l'autostrada della narrazione degli eroi della repubblica, oppure la strada dei grandi eventi a cui, bene o male, ha assistito per ruolo o per storia familiare e cittadina, oppure ancora i sentieri delle storie minori. Invece Veltroni sceglie il labirinto, un incrocio di vie dove tutto appare confuso. E allora eccovi un libro dove l'elenco telefonico di Roma del 1946 sta assieme a Luigi Calabresi, dove la strage di piazza Loggia è vicina alla televisiva “L'eredità”, dove il ragazzo col Ciao ucciso perché si pensava fascista si legge poche pagine prima della narrazione del crollo del ponte Morandi. Velasco e Zavoli, Alfredino e Gianni Rivera, le figurine Panini e Lavorini. C'è tutto. C'è tanto, c’è mistero. Osservare l'Italia dalle mille angolazioni, dai milioni di punti, di episodi, di persone e di eventi dà il capogiro, provoca disorientamento.
Appunto un labirinto. Siamo un paese che ne ha passate tante, che ne ha viste tante: dalla normalità di una vita al lavoro che un certo giorno a una certa ora si trova ad attraversare un ponte, alla straordinarietà della lotta contro la mafia. L'Italia è tutto questo. Se si vuole governare l'Italia occorre conoscerne l'anima profonda, quella segnata da tante di queste tracce, da quelle eroiche a quelle sotto gli occhi di tutti, da quelle sofferenti a quelle gioiose. Il labirinto va attraversato, perché è l’esperienza di scovare quegli indizi che fanno scorgere una via d'uscita o cogliere lo strabiliante schema geometrico e il suo centro, il suo senso. Chi guida – chi ha il potere politico – deve trovare le vie d’uscita e scoprire il centro, e poi dare le indicazioni a tutti. Non possiamo non essere un labirinto, per certi aspetti: ma almeno potremo cercare di trovare un centro e una via d’uscita. Buona lettura e buona ricerca.
Il libro: Walter Veltroni. Labirinto italiano. Viaggio nella memoria di un Paese. Solferino, Milano, 2020